Tavani, grande il contributo scientifico dell’Italia
Il telescopio spaziale James Webb ha già puntato la sua antenna verso la Terra e comincia lentamente ad aprirsi. È il più grande e potente telescopio mai lanciato nello spazio, e abbandonerà gradualmente la configurazione con la quale è stato lanciato, completamente ripiegato su se stesso. Dal 28 dicembre inizierà a dispiegare prima la grande vela che lo proteggerà dai raggi solari e in seguito lo specchio. La missione della Nasa, in collaborazione con le agenzie spaziali di Europa (Esa) e Canada (Csa), vede una grande partecipazione scientifica da parte dell’Italia, con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
“L’Italia partecipa al progetto tramite l’Esa, con un decimo del costo complessivo, ed è molto coinvolta in programma scientifico”, dice all’ANSA il presidente dell’Inaf, Marco Tavani. All’Italia è stata attribuita la guida di una decina di progetti in seguito a un bando pubblico, e sono decine quelli nei quali i ricercatori del nostro Paese partecipano come co-investigatori. Cosmologia, evoluzione galassie, formazione delle stelle e pianeti esterni al Sistema Solare sono i punti forti della partecipazione italiana e convergono in tutti i grandi temi di ricerca del telescopio Webb, destinato a catturate le immagini delle prime galassie nate nel cosmo dopo il Big Bang. E’ italiana anche l’idea dello specchio costituito da una struttura a esagoni, ispirata alla tecnologia ideata nel 1952 da Guido Horn d’Arturo, presso l’Osservatorio di Bologna.
Anche lo specchio sarà completamente aperto quando Webb arriverà nel suo punto di osservazione (punto di Lagrange 2, L2), distante un milione e mezzo di chilometri: “è una posizione molto opportuna perché permette di studiare il cielo senza avere la Terra vicino e si guadagna moltissimo in prospettive di puntamento”, osserva Tavani.
La prima operazione difficile è prevista per domani, 28 dicembre, quando Webb comincerà lentamente a dispiegare il suo grande pannello solare, operazione che durerà alcune settimane: “è una sorta di vela, costruita con un materiale leggero chiamato Kapton, che assorbe la radiazione solare e si apre a soffietto”, spiega Tavani.
“Sono operazioni che avvengono molto lentamente e in sicurezza: lo spazio è sempre diverso rispetto al laboratorio e bisogna essere preparati ad affrontare gli imprevisti”, dice ancora il presidente dell’Inaf, osservando che, a differenza di quanto era avvenuto con il telescopio Hubble che si trova a circa 400 chilometri dalla Terra, nel caso di eventuali problemi con il telescopio Webb non sarà possibile inviare una missione per riparare i danni. “Sarà come cercare di penetrare attraverso un velo, fino a vedere le prime fasi della formazione delle galassie, che saranno diverse da quelle che siamo abituati a vedere: saranno strane, grumose e irregolari, assisteremo a un nuovo scenario, nel quale si chiarirà il meccanismo nel quale la materia ha assunto la forma nella quale la conosciamo oggi”.