(di Tiziano Rapanà) Napoli è ancora il centro del mio scrivere e del mio pensare. Qui dimora la creatività del mondo. Non ci si può fare un’idea dell’esistenza senza partire da Napoli e dalla sua disperata vitalità. Purtroppo anche Napoli sembra perdere il contatto con la tradizione. Sono poche le trattorie che propongono lo strepitoso spaghetto d’o puveriello e altre leccornìe della cucina campana che fu. E anche nelle arti sembra perdersi il contatto con il passato. Nessuno parla più di Giulietta Sacco, Sergio Bruni, Angela Luce. Fortuna che esiste un presidio culturale permanente, teso ad omaggiare la tradizione napoletana. Parlo dell’ombrellificio di Mario Talarico, si trova nella centralissima via Toledo. Mario rappresenta la quinta generazione di questa gloriosa stirpe di ombrellai. I Talarico hanno realizzato gli ombrelli di Totò, Eduardo De Filippo, dei papi Ratzinger e Francesco. La bottega nasce nel 1860, con Giovanni Buongiovanni, ed in città era nota come Al Giapponese e aveva vari punti vendita. La tradizione prosegue con la figlia di Giovanni, Emilia, che sposa il celebre violinista Achille Talarico. Il figlio di Achille ed Emilia, Giovanni con la moglie dà vita alla terza generazione. Dalla loro unione nascono 7 figli: Rosaria, Emilia, Mario, Antonio, Alfredo (padre di Mario), Roberto e Giuseppe… avete letto bene, nessun errore di battitura: non c’è un Mario di troppo. Sono zio e nipote, Mario senior e junior. Lo zio ha portato avanti la tradizione, fatta di ombrelli montati su legni interi, sete di San Leucio, manici pregiati come il vero corno, il bambù, il limone di Sorrento, il ciliegio e via così. Adesso è il tempo del nipote, lui ha il timone dell’attività di famiglia.
Lo zio è ancora attivo in bottega, ha novant’anni ma ne dimostra meno. Mi ha parlato con nostalgia del passato, dei grandi dello spettacolo e dell’unico schiaffo ricevuto dal padre per colpa di Totò, perché il principe de Curtis non poteva essere chiamato don Antonio. E mi ha anche raccontato di quella volta che il principe si innamorò di una delle ballerine della compagnia di rivista di Peppino De Filippo. “Ho iniziato all’età di 12 anni”, spiega lo zio Mario, “per me questo è un amore totale. All’inizio lavoravo come tipografo. Mio padre lo pagava per farmi lavorare: 5 lire alla settimana. Dopo aver scoperto la cosa, dissi a mio padre: ‘O mi fai lavorare con te, o me ne vado’. E da lì è cominciato il mio percorso. Ho insegnato il mestiere a mio nipote e adesso la nostra arte viaggia in tutto il mondo. Porto ancora nel cuore un ombrello con un cavallo d’argento arabo che realizzammo, una ventina di anni fa, per Lucio Dalla: costa 7mila euro”. Talarico non è solo un marchio che guarda ostinatamente alla tradizione, Mario junior ha voluto occhieggiare al futuro con la felice invenzione degli ombrelli artistici: “Ho voluto cambiare, stupire la mia clientela. Al posto del manico, ho fatto delle testine dipinte a mano, ho disegnato personaggi famosi, supereroi dei fumetti”. Mario mi ha spiegato che non esiste un target preciso, la varietà di ombrelli accontenta tutta la vasta platea di compratori, in molti casi anche celebri. Christian Bale è impazzito per l’ombrello a forma di Batman, Donna D’Errico ha pubblicizzato l’arte dei Talarico negli States, Anthony Hopkins è un altro grande estimatore di Mario, cito anche Ornella Muti, Caparezza… la lista è lunga. Il mondo dello spettacolo si inchina al genio dei Talarico. Mario conosce tanti volti noti e me ne parla bene, ma le parole più affettuose le riserva per Enzo Salvi: “Lo conosco da pochi mesi, ma sento una forte familiarità. Ha un grande cuore, è un campione di umiltà”. Napoli mi ha riservato un’altra grande sorpresa e mi ha permesso di curiosare all’interno della straordinaria creatività di Mario Talarico, un grande italiano che merita una montagna di gratificazioni.