(di LUCA PAGNI, Repubblica) Gli analisti della banca d’affari americana firmano un report in cui non si esclude un ulteriore crollo del prezzo del greggio, check per un eccesso di offerta che potrebbe persistere anche nei prossimi mesi e per il rallentamento della domanda soprattutto se dovesse persistere la frenata dell’economia cinese. Da Goldman rapporto choc: Il petrolio potrebbe scendere a 20 dollari. Declinata secondo la terminologia del calcio, si potrebbe dire che Goldman Sachs l’ha toccata piano: in un report che sta provocando non poco rumore tra investitori e mercati finanziari, gli analisti della banca americana hanno scritto che il calo del prezzo del petrolio non è ancora alla fine e che i future sul mercato americano potrebbe arrivare a toccare anche i 20 dollari al barile.
Sarebbe persino superfluo sottolineare cosa potrebbe significare se il report di Goldman cogliesse nel segno. Sia per i bilanci delle oil company e epr tutto ils ettore industriale legato ai prodotti petroliferi, sia per i contraccolpi sui mercati finanziari. Pur quanto, il petrolio a 20 dollari avrebbe indubbi vantaggi per tutti quei paesi costretti ad importare materie prime. Destino comune a quasi tutti i paesi europei, Italia compresa.
Ma quando potrebbe avvenire un ulteriore crollo del prezzo del greggio di un altro 60 per cento? Il report di Goldman non specifica una data entro la quale potrebbe accadere. Per gli analisti della banca, si tratta di una eventualità da non escludere, visto che “il surplus globale potrebbe essere anche superiore a quanto ipotizzato finora e potrebbe quindi far precipitare le quotazioni”. Per il momento, secondo quanto si legge nel documento, la banca d’affari ha rivisto per il prezzo dei future sul mercato Usa (l’indice Wti) da 57 a 45 dollari la previsione di prezzo per il 2016, mentre per il Brent (il future contrattato alla Borsa di Londra) la riduzione è da 62 a 49,5 dollari.
Nonostante ciò, l’ipotesi che i prezzi possano calare ancora è rafforzata da un quadro macro-economico sia in peggioramento: “E’ un dato di fatto – si legge ancora – che il mercato del petrolio sia in eccesso di offerta più di quanto avevamo previsto e ora ci attendiamo che il surplus persista nel 2016 per effetto di una ulteriore crescita della produzione Opec, di una persistente offerta da parte dei Paesi non-Opec e del rallentamento della crescita della domanda, con il rischio di una domanda ancora più debole alla luce del rallentamento della Cina”. La possibilità di vedere il hgreggio a 20 dollari al barile si farebbe ancora più concreta se, nei prossimi mesi, dovesse continuare a salire il valore delle scorte accumulate.
Per riequilibrare la situazione, il mercato dovrebbe assistere a una riduzione delle quantità di shale oil, il petrolio estratto attraverso la tecnica della frantumazione delle rocce, particolarmente efficace nei giacimenti degli Stati Uniti. Non è escluso che questo avvenga, in futuro, viste le difficoltà delle compagnie del settore shale ad accedere al mercato dei capitali in questo momento di quotazioni così basse del greggio.
Ovviamente, gli addetti ai lavori non hanno potuto fare a meno di notare che non è la prima volta che Goldman Sachs si lascia andare a scenari alquanto “provocatori” sul prezzo del petrolio: sette anni fa – in una situazione economica completamente diversa dall’attuale – aveva predetto che il greggio sarebbe schizzato fino a 200 dollari al barile, in un momento (il maggio del 2008) in cui le quotazioni si aggiravano già alla cifra record di 120 dollari. Ma è anche vero che sempre il gruppo degli analisti di Goldman era stato il primo a pronosticare – nel corso del 2005 – che il greggio sarebbe andato oltre i 100 dollari.