C’è una connessione tra alcune mutazioni genetiche nei malati e la possibilità di sviluppare sintomi più del Covid -19. E’ quanto emerge da uno studio cui ha partecipato la fondazione IRCCS G.B. Bietti pubblicato sulla rivista internazionale Pharmacogenomics and Personalized Medicine.
La scoperta “potrebbe aiutare a prevedere quali pazienti corrono rischi maggiori”, ha commentato Alessandra Micera, direttrice del Laboratorio presso la fondazione. “Quello che abbiamo scoperto – continua Micera – è che i sintomi più gravi si sono verificati in pazienti che avevano dei particolari polimorfismi genici”. In pratica, alcune varianti genetiche potrebbero favorire l’insorgenza delle forme più gravi di COVID-19.Nel dettaglio, lo studio si basa sull’individuazione di alcuni polimorfismi noti nei geni coinvolti nel sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAAS). Quest’ultimo è il meccanismo ormonale che regola pressione sanguigna e funzione cardiovascolare ed è coinvolto nel danno polmonare e nel declino funzionale degli organi principali nei pazienti COVID-19.
In questo studio pilota, i polimorfismi genici – Ace1 (enzima di conversione dell’Angiotensina 1), Ace2 (enzima di conversione dell’Angiotensina 2), Agt (Angiotensinogeno) e Agtr1 (recettori del recettore dell’Angiotensina II di tipo 1) – sono stati individuati in pazienti sintomatici COVID-19 (con compromissione respiratoria, obesità, ipertensione, diabete e congiuntivite).
“Le varianti geniche per Ace2, Ace11 e Agt potrebbero, perciò, rappresentare un eccellente mezzo di previsione dell’esito clinico nei pazienti sintomatici e di indirizzamento nell’intervento terapeutico in pazienti non ancora gravemente sintomatici” conclude Micera. Lo studio pilota, intitolato “Angiotensin System Polymorphims’ in SARS-COV- Positive Patients: Assessment Between Symptomatic and Asymptomatic Patients: A Pilot Study”1 e totalmente italiano, è nato dalla collaborazione multidisciplinare di ricercatori e medici afferenti a diverse istituzioni italiane: Ospedale Moscati di Taranto, Pineta grande Hospital di Caserta, Università Cattolica, IRCCS-Fondazione Bietti e Università di Bari.