(di Tiziano Rapanà) Non riesco a trovare, per le vie canoniche, il terzo fiammante numero del Superman di John Byrne, ristampato da Panini. Debbo, ahimè dolorosamente, cedere al canto delle sirene dell’e-commerce. John Byrne, per intenderci, è l’artefice della rinascita di Superman negli anni 80. Egli ha rifondato il mito di carta e lo ha reso il mitico Man of Steel, che certamente conoscete per l’adattamento cinematografico di qualche anno fa. È un supereroe diverso dalla creatura leggendaria generata dal talentaccio di Jerry Siegel e Joe Shuster: Clark Kent, qui, è finalmente un “essere umano” con le sue sofferenze, si intravede un’ombra di complessità nella sua personalità. Se potete recuperate l’ottimo lavoro di Byrne riportato egregiamente in vita da Panini (ogni volume costa solo 4,90 euro). Nell’attesa di sfogliare il terzo numero di Superman, e prima o poi dovrò vincere questa ritrosia per il commercio via web, rileggo volentieri un bel libro a fumetti che fa parte di quel ventaglio di novità editoriali che rendono più sopportabile questo tempo infame. Mi riferisco a Caravaggio e la ragazza, di Nadia Terranova e Lelio Bonaccorso, edito da Feltrinelli Comics. Siamo a Messina nel 1600 e qualcosa, qui assistiamo all’incontro tra il pittore Caravaggio e la giovanissima Isabella. Lui è sbarcato in città per sfuggire da questioni gravi, lei cerca un posto nel mondo che sia lontano dalle aspettative di un padre opprimente e di un società che sembra guardare alle ambizioni della giovane con acrimonia. Isabella, sogna un futuro diverso da quello che il destino usava imporre a tante donne dell’epoca: la ragazza non si vede in cucina a fare da mangiare e ad accudire dei figli. L’incontro tra i due protagonisti non si può certo definire idilliaco e dopotutto è impossibile che due caratteri fumantini non rivelino, prima o poi, la loro natura. Come andrà a finire per i nostri ostinati eroi lo scoprirete da voi, io vi ho pure detto fin troppo della trama. Ve lo consiglio, è un bel fumetto anche se non è il mio genere. Sorprende Nadia Terranova alla sua prima prova da sceneggiatrice: è molto abile a portare avanti un racconto, con uno stile narrativo avvincente e convincente. Bravo Lelio Bonaccorso a darle corda: i suoi disegni rispettano il ritmo incalzante della storia. Bonaccorso è uno dei disegnatori più in gamba che abbiamo, anche se non sempre ho amato i suoi lavori. Non me ne voglia, ma a volte dovrebbe onorare di più la sua vocazione. Sul talento della scrittrice Terranova nulla da dire: ve ne ho parlato più volte in questi anni ed è arcinoto il suo curriculum ricco di soddisfazioni e riconoscimenti. Una parolina la spendo anche per il mitico Tito Faraci, curatore di Feltrinelli Comics, cui si deve questo libro: è un genio del mondo dei fumetti. Non lo conosco, ma gli voglio bene, ha scritto le storie dei principi della letteratura a strisce (cito Zagor, Tex, l’investigatore Nick Raider). Purtroppo è stato anche l’artefice della pessima parodia di Diabolik uscita qualche anno fa, ma è un peccatuccio veniale.