(di Tiziano Rapanà) Dell’essere umano non mi piace questa sua irrefrenabile urgenza di comunicare. L’homo digitalis sembra non avere altre aspirazioni. Se un giorno non dovessi più avere uno spazio dove esprimermi, farei dell’altro. Mi darei al vizio dell’ozio letterario, così tanto caro agli antichi filosofi. Potrei piegarmi ai voleri del dio della sfrontatezza e tentare l’avventura temeraria di scrivere un libro. Sui social network, gli aderenti vogliono mettere becco su tutte le questioni del quotidiano. Senza dare valore alla parola, cancellando ogni occasione di cedere alla complessità e dunque di non scrivere, di riflettere e poi magare di ritentare in seguito, quando la notizia è divenuta adulta di qualche mese. C’è la rincorsa a chi arriva primo alla maratona dell’indignazione. I signori da social, quasi sempre figuranti nella vita, si divertono a issare il vessillo del bene supremo. Quanto gli farebbe bene fermarsi e leggere un pochetto. Twitter, da tempo, è il regno del massimo sdegno. Qui, a colpi di hashtag fulminanti, ci si irrita per tutto. Naturalmente le frasi che abitano il luogo virtuale sono di una pochezza disarmante. Ogni occasione è buona per fare una polemica. L’ultima in ordine di tempo è nata da un tweet dell’editore Alessandro Laterza, che vi riporto: “Essere scrittori è altro dal saper scrivere bene: è avere uno ‘stile’, un proprio uso del lessico, sintassi, figure retoriche, ecc.. Trama, personaggi, soggetto sono marginali. Cerco lumi sulle scrittrici italiane contemporanee. Per mia lacuna mi fermo a Ginzburg e Morante. Grazie”. Tanto per cambiare, si scatena il diluvio di riprovazione fomentato da commentatori che un po’ la fanno fuori dal vaso. Si legge di tutto, alcuni – i più incauti – gli danno del sessista. Alla fine arrivano pure le scuse di Laterza. Quante storie per un’opinione. Non c’è sessismo, soltanto pressapochismo. Da entrambi i lati, perché i commentatori furenti non hanno vergato una parola che fosse figlia di un concetto interessante ed intelligente. Gli indignati si sono buttati nella mischia a urlare il proprio sdegno e hanno perso l’occasione di scrivere una riflessione corposa sul tema. A nessuno degli acrimoniosi è venuto in mente di comporre un saggio breve sul tema, purtroppo nemmeno Laterza ci ha pensato. Egli ha sbagliato a scrivere quel tweet e non per le ragioni che pensate: ogni opinione è legittima. Un tema così difficile, pieno di mille sfumature, deve essere affrontato seriamente. Bisogna argomentare, analizzare, confrontare gli stili delle scrittrici, entrare nel presunto decadimento creativo annotato dall’editore. Non vi dirò una parola su cosa penso della letteratura italiana contemporanea femminile. A differenza degli attori in scena, non posso liquidare l’argomento in poche righe. E, al momento, non ho una preparazione necessaria per affrontare la questione.