Gli ultimi due decenni sono stati caratterizzati da un aumento di depressione e solitudine, con da tassi crescenti di suicidi e consumo di oppioidi, perdita di produttività, aumento dei costi sanitari e della mortalità, con percezione della solitudine significativa tra gli anziani. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sull’American Journal of Geriatric Psychiatry e condotto dagli esperti dell’Università della California a San Diego, che hanno utilizzato strumentazioni di intelligenza artificiale (AI) per valutare gli episodi di depressione e solitudine. “Conoscere nel dettaglio l’ampiezza e la pervasività dei fenomeni di solitudine sociale è piuttosto complesso – sostiene Ellen Lee, docente e ricercatore di psichiatria presso l’Università della California a San Diego – per via dei limiti degli strumenti di indagine disponibili, basati principalmente sul self-report, il che può portare a risposte distorte”. Il team ha utilizzato tecnologie di intelligenza artificiale per analizzare i modelli di linguaggio naturale (PNL) e discernere i gradi di solitudine negli anziani, valutando in modo imparziale emozioni e sentimenti complessi. “Negli ultimi anni – continua Ellen Lee – diversi studi hanno documentato tassi crescenti di solitudine in varie popolazioni di persone, in particolare tra quelle più vulnerabili, come gli anziani”.
La ricercatrice cita un lavoro dell’Università della California a San Diego secondo cui l’85 percento degli anziani che occupano strutture di riposo ha riportato livelli di solitudine da moderati a gravi. Il gruppo di Lee ha preso invece in considerazione 80 partecipanti indipendenti, di età compresa tra 66 e 94 anni, che sono stati intervistati dagli sperimentatori, e le conversazioni sono state analizzate dal software di comprensione della PNL e da strumenti di apprendimento automatico. “La programmazione neurolinguistica, o PNL – spiega Varsha Badal, seconda firma dell’articolo – e l’apprendimento automatico ci consentono di esaminare sistematicamente più interviste, considerando elementi che possono indicare solitudine, e l’uso di strumentazione elettronica elimina i fattori di pregiudizio e soggettività a cui le valutazioni umane sarebbero esposte”. Dai dati è emerso che gli individui con alti tassi di solitudine erano associati a risposte più lunghe nei colloqui qualitativi, esprimendo tristezza durante le domande dirette sulla solitudine. “Le donne – osserva Lee – erano più propense a riconoscere il proprio disagio, mentre gli uomini tendevano a utilizzare parole associate alla paura e alla gioia durante i colloqui. Questo studio evidenzia le discrepanze tra le valutazioni della ricerca sulla solitudine e l’esperienza soggettiva di solitudine di un individuo”. Secondo gli scienziati, i modelli di apprendimento automatico possono prevedere la percezione della solitudine con un tasso di precisione del 94 percento.
“La nostra comprensione di questi fenomeni complessi – conclude Dilip Jeste, collega e coautore di Lee, nonché co-direttore del Center for Artificial Intelligence for Healthy Living presso il college univeristario– potrebbe migliorare notevolmente grazie all’intelligenza artificiale. Potremo prendere in considerazione fattori indiretti come cognizione, mobilità, sonno, attività fisica e salute mentale, e affinare le nostre conoscenze sull’invecchiamento, così da sviluppare metodologie di approccio specifiche per le varie fasce d’età”.