Stavolta non ci sarà lieto fine. C’è rabbia e pessimismo nelle parole dei commercialisti che stanno vivendo un agosto da incubo. Il problema riguarda un flusso mai visto di scadenze e adempimenti ma anche una situazione economica disastrata dalla pandemia che pone molti contribuenti nelle condizioni di scegliere tra pagare le tasse o tenere in vita la propri a azienda. «Avevamo previsto tutto da mesi — dice Maurizio Postal, consigliere nazionale dei commercialisti italiani con delega alla fiscalità —
Non perché abbiamo doti divinatorie ma semplicemente perché ci occupiamo dei due terzi delle partite Iva italiane. Abbiamo il polso del paese, ecco perché chiedevamo con forza al governo un rinvio al 30 settembre delle scadenze fiscali. In particolare il posticipo dei versamenti delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi in scadenza il prossimo 20 agosto. Oppure o introdurre, quanto meno, un meccanismo di esclusione dalle sanzioni per chi regolarizza, entro il 31 ottobre 2020. Le norme adottate durante tutta la pandemia sono di una complessità senza precedenti: tutte richiedono una cascata di adempimenti burocratici ed economici che hanno reso insufficienti le tempistiche abituali. Ecco il perché della richiesta della proroga».
Invece il governo ha chiuso a ogni possibilità di rinvio delle scadenze e il calendario di agosto prevede i primi adempimenti il 13 per i contributi a fondo perduto , il 20 per chi ha deciso di pagare la dichiarazione dei redditi con una mora dello 0,4% e il 31 agosto per i non titolari di partita Iva. Una decisione che ha scatenato l’inevitabile reazione di protesta della categoria. Le sigle dei più importanti sindacati di categoria proprio ieri hanno indetto uno sciopero di otto giorni che prevede l’astensione della presentazione delle liquidazioni periodiche Iva e l’astensione della presenza in udienza presso le commissioni tributarie provinciali e regionali. «Si tratta — spiega Massimo Miani, presidente dei commercialisti italiani — di un esito inevitabile di fronte all’incredibile e ostinata volontà da parte dell’esecutivo di ignorare tutte le richieste di dialogo avanzate in questi mesi dai commercialisti. Mai come nelle drammatiche settimane del lockdown la nostra categoria ha fornito alle Istituzioni e al Paese una dimostrazione concreta della insostituibilità della sua funzione al fianco di imprese e cittadini. E mai come in queste circostanze le nostre richieste di ascolto sono state tanto ragionevoli e ispirate al buon senso. Di fronte alla sordità dell’esecutivo la scelta dello sciopero è dunque giusta e inevitabile e per questo il Consiglio nazionale la sostiene con forza».
Intanto però le scadenze si avvicinano e con loro l’allarme di chi deve fronteggiare un’emergenza dopo l’altra. «Affrontiamo una situazione polarizzata — afferma Goffredo Faracca, commercialista di Roma — chi aveva i fondi per il Fisco ha già pagato a luglio, adesso la maggior parte dei clienti pensa a salvare l’azienda non a pagare le tasse. Si tratta di una situazione compromessa: quest’anno si rischia di non chiudere molti bilanci e l’incasso per l’Erario sarà decisamente più basso. Il punto è che nemmeno un rinvio delle scadenze a settembre potrà essere sufficiente. Una parte del paese, in alcuni settori, è in ginocchio e lo sarà per parecchi mesi. Se la scelta sarà sopravvivere o pagare l’Erario il finale è già scritto. Di questo dobbiamo essere tutti consapevoli».
Corriere.it