Tocca dirlo: mi fa simpatia Domenico Arcuri, il commissario per l’emergenza, imbestialito coi liberali da divano che sorseggiando cocktail gli dicono questo male quest’altro malissimo. Non se la prenderanno i liberali, categoria alla quale talvolta vengo pomposamente associato, ma sembrano (anzi sembriamo) un po’ i leoni da tastiera. Visto da qui, Arcuri non ne ha indovinata una, visto da lì ne avrà indovinate poche, ma santo il cielo che non ci ha messo al suo posto. Né al posto della moltitudine di tecnici cui ha fatto ricorso il governo per delegare responsabilità. A cominciare da Angelo Borrelli, il capo della Protezione civile poi marginalizzato proprio da Arcuri. E naturalmente le note e varie task force, incaricate di stabilire il giusto e lo sbagliato, il metro e il metro mezzo, la mascherina quando e a chi, la chiusura e la riapertura, le app e le saracinesche, i maturandi e i bagnanti. Così questi dotti saliti sulle crode della notorietà hanno perso uno a uno la loro reputazione, bersagliata indifferentemente da liberali e illiberali, e bello scudo per i deleganti, premier e compagnia. Ieri, in ricordo di Arturo Carlo Jemolo, giurista cattolico e liberale non tanto da divano, morto 39 anni fa, qualcuno ne ha diffuso una sentenza, sulla stoltezza di pensare che la tecnica possa sostituire la politica, mentre la politica deve avere una tecnica al suo servizio, se vuole essere fruttifera. Una frase che spiegherebbe per filo e per segno i tempi di oggi, e non spiega nulla. Visto il frastuono, Jemolo ne ha detta un’altra più precisa: l’uccisione del silenzio è stato il primo passo verso l’uccisione di Dio.
Mattia Feltri, La Stampa