(di Stefano Crisci) Da un articolo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di oggi apprendiamo che abbiamo una chiesa “meno politica”. L’illustre giornalista ci ha detto, tra le righe del suo articolo, che la direzione del Papato di Francesco, avendo abbandonato quegli schemi, quegli “intrecci tra religione e prassi mondana”, sembra aver abbandonato ogni connotazione religiosa nel suo discorso tendenzialmente ideologico e populistico- comunitario-anticapitalistico. La mancanza cioè di una “innervatura religiosa” e di un messaggio evangelico forte farebbero svanire la potenza “politica” del messaggio papale. Conclude Della Loggia che al netto di una sua distrazione, non risulta che il Papa abbia adottato una qualche iniziativa di rilievo o una presa di posizione significativa qualunque su alcuno dei temi caldi fra nord e sud Europa o Oriente e Occidente. Naturalmente non è mio intendimento contraddire l’eminente giornalista, che stimo molto. Non sono un vaticanista, ma un osservatore, e ritengo che sì, forse su qualcosa forse si è distratto: con le sue azioni semplici e comuni, il suo predicare ogni mattina dicendo messa alle 7 da Santa Marta e commentando il vangelo come un semplice discepolo, il Pontefice ogni giorno ci insegna invece proprio il senso cristiano della vita e della morte, il pentimento, la conversione. Egli ci invita in maniera potente a cambiare gli schemi; a renderci conto che siamo polvere e polvere ritorneremo, ma che ogni giorno lo Spirito Santo ci dà la forza di amare Dio e che lui è il buon pastore, che guarda alle sue pecore, ma anche a quelle che sono fuori dal recinto. Egli non manca mai di esortarci a considerare la misericordia, la compassione, la carità: perché chi non si distrae con la mondanità può veramente ascoltare la parola, può percepire realmente la missione che ha nella vita terrena. Di qui le sue parole sulla solidarietà, gli inviti all’Europa ad unirsi per vincere la sfida cui siamo messi di fronte oggi. La potenza del Vaticano così facendo è in discussione? Non credo. Non è detto che la “frattura”, come la chiama Della Loggia, con la posizione sostanzialmente centrale tra capitalismo liberale e statalismo socialista, non sia solo apparente. La cosa a mio avviso è più sottile. Francesco, con un messaggio semplice e, si badi, non semplicistico, sta dicendo al mondo di aprire gli occhi. Il suo messaggio è quello di unirsi tutti in un solo afflato universale, senza lasciare indietro nessuno. Guardare al futuro in maniera etica, hic et nunc! Lo stiamo capendo ogni giorno che passa di questa terribile pandemia. E’ quello che su queste colonne ho avuto modo di sottolineare alcuni giorni fa, quando la von der Leyen ha fatto partire la maratona per la solidarietà. La Conferenza dei donatori per la risposta globale al coronavirus ha raccolto oltre 7.,5 miliardi di euro da parte di organizzazioni di tutto il mondo, proprio per non lasciare indietro nessuno: non dimentichiamo che lo slancio solidaristico di questi ultimi giorni scaturisce da questa necessità. A questo si riferiva Papa Francesco quando citava Schuman e il suo discorso del 1950. E per questo le sue parole devono indurci a ritenere che, solo abbandonando certe logiche materialistiche e sposando quelle dell’unità e dell’umile condivisione solidaristica, potremo coronare il sogno di una Europa più forte di prima e di un mondo unito da un unico obiettivo. La salvaguardia dell’essere umano e del pianeta. Non avremo un’altra occasione. Il messaggio di Francesco quindi è di una potenza deflagrante proprio in questo momento, in cui ogni potere terreno perde vigore, se non indirizzato a fornire mezzi ai cittadini più deboli e colpiti, in una realtà sana e sostenibile. Occorre pensare la politica in modo nuovo e rompere con il passato e con certi schemi obsoleti. E’ chiaro che occorre, per far questo, una realtà più trasparente e democratica possibile. La Conferenza sul futuro dell’Europa avrà il compito di sviluppare queste idee. E’ questo, secondo me, il segno di Papa Bergoglio.