(Repubblica) Il settore dell’automazione industriale si espande a un tasso del 9% annuo. Il ruolo determinante di Pechino: è già il primo mercato al mondo, sale ma ha una densità robotica (il rapporto tra macchine e dipendenti) dieci volte inferiore a quella della Germania. Ecco perché non potrà che crescere
MILANO – La robotica è entrata sempre di più nella vita delle persone e soprattutto negli stabilimenti produttivi. Secondo una stima del Boston Consulting Group, sale si tratta di un mercato che alla fine del 2015 si attesterà a quasi 27 miliardi di dollari, in netta crescita rispetto ai 7,4 miliardi di dollari del 2000 e ai 10,8 miliardi di dollari del 2005. “Non a caso, ancora il Bcg stima una crescita del giro d’affari del 9% all’anno”, spiegano Massimo Siano di Etf Securities e Richard Lightbound, Partner&CEO della società partner Robostox. “Stiamo parlando di un settore in forte crescita come lo era l’informatica negli anni ’90. L’investitore finanziario è avvisato. Le nostre vite non saranno più le stesse con i robot in casa, a lavoro ed in vacvanza così come la nostra vite sono cambiate con l’invenzione di internet, computer e telefono mobile”.
A livello geografico, ancora una volta la parte del leone verrà svolta dalla Cina. “Il governo di Pechino sembra essere il più interessato a sviluppare il settore della robotica, secondo l’IFR (International Federation of Robotics), nonostante i principali partner delle società cinesi siano produttori robotici stranieri leader di mercato”. Se si guarda invece al settore industriale su cui scommettere, “quello più interessante sembra essere quello dei robot per l’industria manufatturiera seguito dal settore militare e dal commercio retail”. Proprio in Cina, oggi “le vendite di robot nel segmento industriale sono più che triplicate rispetto al 2012. Entro il 2017, i robot industriali opereranno in Cina in più stabilimenti produttivi che in Europa o in Nord America. Le unità operative nei prossimi 2 anni raddoppieranno in Cina e saranno oltre 400.000. Per dare un’idea in Nord America, i numeri saliranno a circa 300.000 a le 340.000, sempre secondo l’Ifr”.
Il fatto rilevante è che, nonostante oggi la Cina sia il maggior mercato nella vendita di robot industriali, la cosiddetta “densità robotica” è ancora molto bassa: oggi “la Cina ha solo 30 robot industriali per 10.000 dipendenti nelle fabbriche. La densità robotica della Germania è dieci volte più grande, quella del Giappone è undici volte di più. In Nord America la densità robotica è di cinque volte superiore a quella in Cina, dove la maggior parte dei robot industriali sono usati per le operazioni (40%), la gestione e per la saldatura (36%). L’industria automobilistica è di gran lunga il più grande cliente (circa. 40% dei robot industriali sono per questo settore)”. La sostanza è che i margini di crescita di Pechino sono enormi.
Etf Securities ha lanciato lo strumento Robo-Stox proprio per l’investimento nel settore: un Etf quotato in Borsa che segue l’andamento del settore della robotica e dell’automazione, monitorato da scienziati e autorità mondiali. L’obiettivo è selezionare le imprese più innovative lungo tutta la catena del valore, cercando di catturare la crescita complessiva del settore e minimizzando il rischio di scommessa su aziende specifiche: comprende il 40% di azioni “bellwether” (aziende leader con business principale direttamente collegato alla robotica) e “non Bellwether”, che derivano una parte rilevante del loro business e delle loro entrate dalla robotica e automazione e hanno il potenziale per crescere in questo settore. Proprio in ottica d’investimento, sorge la domanda su quale siano le potenzialità del settore, che per forza di cose vedrà cadere i prezzi. “Vi sono robot che costano appena 25.000 dollari e vengono già utilizzati nelle applicazioni industriali. Abbiamo già l’economia di scala in questo settore. Il futuro sarà vedere più ingegneri che operai nelle fabbriche e gli ingegneri con gli operai altamente specializzati altro non faranno che programmare robot, per differenti mansioni”.
Il futuro in fabbrica sarà dunque “più ricerca e meno delocalizzazione nei paesi emergenti. Le imprese in Italia resteranno in Italia perché avranno minori costi di lavoro e non rischieranno di perdere il know how. La medicina sarà un settore drasticamente diverso nei prossimi anni. Un chirurgo esperto non opererà più direttamente con le sue mani ma utilizzerà la ‘videolaparoscopia’ all’ospedale. Oggi negli ospedali italiani già si possono eseguire interventi di calcoli alle colecisti con questa tecnica, così come le appendiciti, ernie, resezioni al colon, resezioni gastriche perché sono interventi decisamente meno invasivi. Con la videolaparoscopia il chirurgo può operare sul corpo del paziente attraverso minuscoli fori, anziché tagli con il bisturi; il sistema consente quindi interventi meno invasivi, con riduzione del rischio operatorio, della perdita ematica, e quindi anche della necessità di trasfusioni, delle cicatrici, del dolore post-operatorio. Di conseguenza ci saranno ricoveri più brevi. Il chirurgo, inoltre, avrà una migliore visione dell’anatomia su cui interviene, potendo operare seduto”.