Sabato durante Fiorentina-Genoa uno scontro di gioco ha fatto temere il peggio
MOLTA PAURA PER CASTROVILLI GRANDE PROMESSA DEL CALCIO
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Gaetano Castrovilli (Canosa di Puglia, Bari, 17 febbraio 1997) è una delle grandi promesse del calcio italiano: sabato, durante la partita tra Fiorentina e Genoa, è stato vittima di un infortunio che ha provocato molta paura. Il calciatore della Fiorentina era stato costretto ad abbandonare il campo. Ma fortunatamente tutto si é risolto felicemente entro un giorno. Le ultime notizie sono arrivate dall’ospedale Careggi dove il giocatore è stato ricoverato. Il centrocampista pugliese ha subito un trauma commotivo (a causa dello scontro di gioco nell’area di rigore del Genoa) ed è rimasto sotto osservazione per tutta la notte ,a scopo precauzionale. È successo tutto al 62° del secondo tempo, al termine di un’azione d’attacco della Fiorentina.
È stato allora che Castrovilli, dopo uno scontro di gioco con il genoano Biraschi, ha avvertito i primi sintomi del malore che lo ha spinto a chiedere il cambio. Fa pochi passi, gli gira la testa, sembra quasi debba vomitare, si siede sul terreno di gioco richiamando l’attenzione dello staff medico e del direttore di gara, Orsato. Ricevute le prime cure, viene trasportato ininfermeria e poi all’ospedale.
PARAGONATO AD ANTOGNONI, È ESSENZIALE PER MANCINI
A raccontare quale fosse la sua situazione è stato l’allenatore della Fiorentina, Iachini. “In campo non si ricordava nulla, non capiva la sua posizione e nemmeno dove si trovasse”, ha riferito il giornalista Maurizio De Sangi. L’ex allenatore della Fiorentina Vincenzo Montella lo aveva paragonato all’idolo di Firenze, Giancarlo Antognoni. Il cittì della Nazionale, Roberto Mancini, lo convocherà per il prossimo campionato europeo.
GIGI DI FIORE, LA NAPOLETANITÀ DAI BORBONE A PINO DANIELE
Alla Mondadori di Castellammare di Stabia (Napoli) presentazione di “Napoletanità. Dai Borbone a Pino Daniele: viaggio nell’anima di un popolo” di Gigi Di Fiore (Napoli, 2 gennaio 1960), Utet editore. Luca Marconi ha scritto sul Corriere del Mezzogiorno: «“La napolitudine ormai è diventata troppo scontata, si è prostituita. Sono stati sfruttati proprio i canoni napoletani per fare soldi”, si sfogava già quarant’anni fa Pino Daniele in un’intervista in cui spiegava il difficile rapporto con la città. Don Benedetto Croce, che praticamente dimora ancora nella via omonima del Decumano, l’aveva invece definita, approfondendo una convinzione medioevale, “un paradiso abitato da diavoli”.“Napoli è il mistero della vita, bene e male vi si confondono”, diceva un secolo dopo Lucio Dalla dichiarando alla città tutto il suo amore. E durante il Grand Tour era Goethe, estasiato, ad appuntare nei suoi diari: “Vedi Napoli e poi muori”.
LE INGIUSTIZIE, I RANCORI, IL MALE OASI INCANTEVOLE O INFERNO?
Metropoli che trasuda energia e creatività, ma anche ingiustizie, rancori e Male, scenario ricorrente per la cronaca nera o il riaprirsi di antiche ferite –oggi come nella Napoli di don Pedro de Toledo: la disoccupazione e la carenza abitativa tali e quali erano –, Napoli riesce a spaccare in maniera netta il giudizio sul suo conto: oasi incantevole o girone infernale. Ma qual è l’anima profonda di questa città sempre caotica e ora sempre più affollata di turisti, oggetto misterioso che poggerebbe su un fragilissimo uovo come vuole il Mito e periodico bersaglio di pregiudizi che non ne scalfiscono l’eternità che solo il Vesuvio, malgrado tutto, sembrerebbe poterle strappare o, anzi, potrebbe suggellare? “Napoli non è solo antichi palazzi e bellezze naturali, leggende e abitudini popolari”, la “napoletanità” è la forma contemporanea d’una storia millenaria segnata da grandi sogni e speranze tradite, rovinose cadute e rovine sempiterne, da una intramontata tradizione orale e da gesti antichi di cui sono testimoni gli “ultimi” del popolino come artigiani, artisti, scrittori, attori, musicisti, tutti più o meno consapevoli e partoriti dalla medesima sofferenza storica. Dal dominio dei Borbone a oggi, Gigi Di Fiore, storico e penna di punta de Il Mattino, scava nel ventre della Napoli “sguaiata, vittima di se stessa” e dei giudizi preconfezionati, e seguendo racconti e testimonianze di napoletani illustri o meno compie un viaggio appassionato alla ricerca della “napoletanità” nel buio pesto o nei punti luce di una città che non è mai stata un “non luogo”, ma sempre femmina orgogliosa della sua caratura identitaria: un atto d’amore individuale che sonda, a compendio d’una profonda conoscenza, gli strati millenari d’una metropoli eterna».