Il balletto dei Elon Musk, che così ha celebrato il lancio della Model Y dal palco della giga-factory di Shanghai, esprime bene l’entusiasmo per lo sviluppo del mercato dell’auto elettrica. Il fondatore di Tesla, però, non è il solo a spianare la strada a nuove forme di trasporto: diversi brand si sono lanciati in questo segmento, proponendo vetture sempre più futuristiche. Si stima che entro il 2021 ci saranno oltre 200 modelli disponibili sul mercato europeo e la produzione dovrebbe raggiunge i 4 milioni di veicoli totali all’anno entro il 2025. Una corsa che rientra nei piani di riduzione della CO2 del Green New Deal, che però deve fare i conti con un problema: le strutture di ricarica non sono sufficienti per gli obiettivi ambiziosi della neutralità carbonica a cui aspira la commissione Ue di Ursula von der Leyen. Ne servono 3 milioni entro il 2030, rispetto alle attuali 185 mila colonnine pubbliche presenti sul territorio comunitario. Vale a dire, 15 volte tanto.
A fare il calcolo è il centro studi dell’organizzazione ambientalista Transport & Environment (T&E), che in un report stima una significativa crescita del numero di auto elettriche entro il 2030: a seconda dello scenario immaginato, potrebbero essere tra i 33 e 44 milioni. Di conseguenza, l’infrastruttura di ricarica attuale, sufficiente ad alimentare il parco circolante esistente, diventerà presto inadeguata a rispondere ai bisogni energetici europei dopo il 2020. E per questo dovrà essere rinforzata e allargata, scrivono gli autori della ricerca: un’opera che richiederà investimenti crescenti, pari a 20 milioni di euro in totale nei prossimi 11 anni solo per le colonnine pubbliche. Se si considerano anche le risorse necessarie per sviluppare quelle private, si arriva a un totale di circa 80 milioni di euro da erogare entro il 2030: “Una piccola parte dei 100 miliardi investiti dall’Ue ogni anno nel sistema dei trasporti comunitario”, si legge nel paper dell’organizzazione.
Al di là degli sforzi indipendenti delle case automobilistiche nello sviluppare concept e tecnologie per favorire una mobilità più sostenibile, uno stimolo verso la promozione del motore elettrico è stato dato anche dalla Commissione Ue e dal Green new deal dello scorso dicembre, un patto per salvaguardare il pianeta che implica una riduzione delle emissioni inquinanti delle auto. Come riporta il documento europeo, le autorità di Bruxelles stimano che entro il 2025 viaggeranno sulle strade europee circa 13 milioni di veicoli a basso o nullo impatto ambientale, che richiederanno almeno un milione di stazioni pubbliche di ricarica e rifornimento.
L’infrastruttura attuale quindi va velocemente migliorata ed estesa, considerando la crescente diffusione di questo tipo di macchine. Alla fine del 2017, l’Unione europea poteva contare su 132 mila punti di ricarica pubblici, saliti a 175 mila alla fine del 2019 (un aumento del 32 per cento, pari a 42 mila unità). Nel frattempo le auto elettriche, che nel dicembre del 2017 si attestavano attorno ai 670 milioni, erano aumentate, toccando quota 1,3 milioni nel novembre del 2019 (+89 per cento), ricorda il report di Transport & Environment (T&E). Ovviamente la quantità e la tipologia di colonnine nei vari paesi membri non sono omogenei, ma variano da uno stato all’altro, a seconda, tra gli altri fattori, delle auto circolanti.
Germania, Francia e Regno Unito hanno rispettivamente 32 mila, 29 mila e 24 mila punti di ricarica pubblica, con un rapporto abbastanza simile rispetto al numero di veicoli circolanti: 7 in Francia, 8 in Germania e 9 nel Regno Unito. La differenza è nella tipologia visto che, rispetto alla Francia, Germania e Gran Bretagna sono dotate di molte più strutture di ricarica veloce. Una situazione simile emerge confrontando Olanda e Norvegia. Come mostra il grafico sopra, la prima ha molte più colonnine pubbliche, ma l’altra conta molti più punti di ricarica veloci.
Stazioni di ricarica veloce e ultra veloce mancano anche in Italia, dove le auto sono meno di 34 mila e i punti di ricarica 9 mila. Come ricordano i ricercatori di Prometeia, la Penisola registra un profondo divario tra Nord e Sud per le infrastrutture presenti sul territorio, visto che queste sono molto più presenti nelle regioni settentrionali e a volte assenti in quelle meridionali.
Anche per questo, la Commissione Ue ha sottolineato la necessità di costruire nuove stazioni proprio lì dove mancano, ad esempio nelle aree meno densamente popolate e nei punti che consentono viaggi di lunga distanza, colmando così i gap esistenti.
Marco Cimminella, Business Insider Italia