Racconto e descrizione dei conflitti interni nella capitale operaia italiana
FRANCESCO DE MARTINO, PRIMO A PARLARE DI AUTUNNO CALDO
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) La definizione di “autunno caldo” è attribuita al vecchio leader socialista Francesco De Martino (Napoli, 31 maggio 1907 – Napoli 22 novembre 2002). Quasi un ossimoro, ma si riferisce a una realtà precisa: nel 1969 vennero a scadere ben 46 contratti nazionali di lavoro, che coinvolgevano alcune delle categorie più combattive e sindacalizzate (metalmeccanici, chimici, edili, etc.)… Alla libreria Bodoni di Torino è stato presentato il libro “Torino ’69” di Ettore Boffano, Salvatore Tropea e Mauro Vallinotto (Laterza). Giovanni De Luna su La Stampa ha scritto: «Erano più di 5 milioni i lavoratori interessati ai rinnovi contrattuali. In un crescendo serrato,gli scioperi e le occupazioni coinvolsero tutte le grandi fabbriche italiane, alimentando un movimento rivendicativo in cui si intrecciavano richieste salariali e obiettivi più ampi,che riguardavano i ritmi di produzione, le condizioni igieniche e ambientali, le gerarchie interne, insomma tutta la tradizionale organizzazione del lavoro. Alla fine, nonostante le bombe (strage di piazza Fontana a Milano,il 12 dicembre 1969) e un clima politico carico di tensioni, le lotte portarono a cospicui aumenti salariali e a inedite conquiste legislative, culminate nel nuovo Statuto dei lavoratori approvato dal Parlamento nel 1970.
TRA BOMBE E CRISI ECONOMICA UN BEL LIBRO SU TORINO DEL 69
Il libro di Boffano, Tropea e Vallinotto è dedicato opportunamente alla sola Torino (Torino ’69)… Sottraendoli al groviglio di percezioni di chi fu testimone diretto degli eventi, Boffano e Tropea allineano dati e personaggi in una ricostruzione efficace che rende intellegibile la trama nascosta in quel groviglio e arriva a una solida interpretazione del periodo. La città era allora la “capitale operaia” italiana e la Fiat ne rappresentava la massima concentrazione. […] Ai tradizionali rapporti verticali, patriarcali o agrari, alle antiche solidarietà organiche delle masserie isolate o dei paesi chiusi e concentrati si sostituì una comunità radicalmente nuova, “fondata sulla comune appartenenza a un’entità totalizzante, sulla comune capacità di nutrirla col lavoro e trasformarla con la volontà”. “Alla catena siamo tutti uguali”, si cantava nei cortei. Contro ogni tipo di “esclusione” si affermò così la “centralità operaia”,una categoria politica che era anche un dato statisti
co: nel decennio 1961-1971, il numero degli operai crebbe costantemente, ed essi seppero coniugare questa maggiore presenza nel mondo della produzione con un accentuato protagonismo politico.
LE GRANDI FOTO DI VALINOTTO SUI VOLTI E I CORPI IN FABBRICA
Così, oltre agli scritti di Boffano e Tropea, anche le foto scattate allora da Mauro Vallinotto contribuiscono a sottolineare la tesi interpretativa del libro. Della “centralità operaia” le sua immagini ci restituiscono soprattutto la “fisicità” (i volti, i gesti, i corpi), inseguendola dentro e fuori la fabbrica. […] Dell’ “autunno caldo” non è rimasto più niente. Boffano, Tropea, e Vallinotto ce lo dicono con una partecipazione commossa, dandoci la sensazione di confrontarci con qualcosa che è svanito nel tempo ma che è rimasto, indelebile, in chi fu anche solo sfiorato da quegli eventi». Dal 1969 in poi di autunni caldi e caldissimi ce ne sono stati moltissimi: anche sanguinosi, anche più devastanti sul piano economico. Ora non ci sono bombe e attentati, non c’è sangue, le lotte sindacali sono molto meno aspre rispetto a quel passato. Però, a partire dal 2009, negli ultimi dieci anni la crisi economica è diventata sempre più grave. Chissà come De Martino definirebbe questa stagione, interminabile, di grandi sofferenze.