Promette molto, restituisce già abbastanza, ma non è ancora la rivoluzione che molti addetti ai lavori ipotizzano. Certo, teoricamente, sarebbe una tecnologia disruptive. Che sembra fatta a pennello per sviluppare i pagamenti elettronici. Per un semplice motivo: consente la completa tracciabilità dei trasferimenti, la loro trasparenza e verificabilità, persino la loro programmabilità. Ma cos’è la Blockchain? È una struttura dati condivisa e immutabile. È definita come un registro digitale le cui voci sono raggruppate in blocchi, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia.
Sebbene la sua dimensione sia destinata a crescere nel tempo, è immutabile perché il suo contenuto una volta scritto non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l’intera struttura. Le tecnologie Blockchain sono incluse nella famiglia delle Distributed Ledger, sistemi che si basano su un registro distribuito, che può essere letto e modificato da più nodi di una rete. Non è richiesto che i nodi coinvolti conoscano l’identità reciproca o si fidino l’un l’altro. Per garantire la coerenza tra le varie copie, l’aggiunta di nuovo blocco è globalmente regolata da un protocollo condiviso. Una volta autorizzata l’aggiunta del nuovo blocco, ogni nodo aggiorna la propria copia privata: la natura stessa della struttura dati garantisce l’assenza di una sua manipolazione futura.
Per questo viene considerata un’alternativa in termini di sicurezza, affidabilità, trasparenza e costi alle banche dati e ai registri gestiti in maniera centralizzata da autorità riconosciute e regolamentate, come le pubbliche amministrazioni, le banche, le assicurazioni e, appunto, gli intermediari di pagamento. Il network distribuito e decentralizzato, che è ad esempio alla base del bitcoin e delle altre criptovalute, può supportare pagamenti elettronici di diverso tipo. Da quelli «retail» a transazioni finanziarie fino al noleggio auto e all’affitto di case.
Un recente sondaggio dell’European Payment Council segnala come il 90% degli addetti ai lavori crede che Blockchain potrà avere un effetto dirompente sui pagamenti entro il 2025. Ci sono già mobile wallet per pagare con bitcoin sugli smartphone nei negozi via tecnologia contactless Nfc. Poiché le Blockchain sono troppo pesanti da gestire su uno smartphone i «portafogli» funzionano con un trucchetto: ne caricano solo una parte in memoria e si affidano ad altri elementi del network per validare la transazione. Un escamotage che permette anche di supportare pagamenti con valute tradizionali. Ci sono già numerose sperimentazioni in corso, tra banche e circuiti di carte di credito come Visa, Mastercard ed American Express.
Usare Blockchain, rispetto ai network tradizionali, può servire per ridurre i costi delle transazioni ma anche per aumentarne la sicurezza evitando possibili intrusioni informatiche. Alcune pubbliche amministrazioni stanno esplorando la possibilità di usarla per contrastare le frodi in alcune transazioni critiche. Si pensi alle erogazioni della spesa sociale (il pagamento degli assegni previdenziali o le varie indennità assistenziali) o alle compravendite immobiliari, in cui il registro può certificare tutti i passaggi di proprietà che normalmente fanno i notai (per questo molti sostengono che con la Blockchain sarebbero proprio loro a rischio sopravvivenza più di ogni altra categoria professionale).
Il vero vantaggio è ciò che viene definito «valore istantaneo», in sicurezza e senza intermediari come avviene con il Bitcoin che si è convertita in una criptovaluta globale e ampiamente usata nel trading. L’evoluzione di questa impostazione permette di giungere al concetto di «smart contract». Contratti che — poggiando su Blockchain — attivano pagamenti in automatico non appena si presentano le condizioni stabilite. Facendo scattare ad esempio l’addebito per un noleggio auto o per un viaggio prenotato. Tuttavia si tratta ancora di tecnologie immature, perché c’è poca conoscenza delle stesse. Servirebbe uno scatto culturale. Senza ideologie.
Fabio Savelli, Corriere.it