Serve condividere la causa del Sud nell’interesse del Paese partendo dalla parificazione infrastrutturale
(di Roberto Napoletano per Il Quotidiano del Sud) Manette agli evasori. Tetto al contante. Commissioni bancarie. Copasir, Russiagate. Giuseppi e i due Matteo. Umbria ombelico della politica. Non vogliamo svilire nessuno di questi temi, la sostanza degli interessi in gioco, spigolature e delicatezze. Sappiamo quanto è importante il galleggiamento perché quando si finisce sotto risalire la china è più complicato. Vogliamo, tuttavia, avvisare i nostri lettori che noi abbiamo un’altra agenda di priorità e abbiamo anche la presunzione che coincida in modo (quasi) esaustivo con la priorità del Paese. Bisogna mettersi con il lanternino per scovare in qualche anfratto del talk show permanente italiano una piccola luce che accenda i riflettori sugli investimenti pubblici e privati e su chi ne ha vitale bisogno, ma ciò non scalfisce le nostre convinzioni. Conosciamo da vicino il problema italiano. Abbiamo voluto l’operazione verità per questo: 61 miliardi sottratti indebitamente alla spesa sociale e produttiva del Mezzogiorno, ogni anno, per regalarli al Nord e fare lì assistenzialismo, da almeno un decennio, sono il sintomo più evidente della malattia. C’è una storia di insulsa avidità che si è mangiata con un solo boccone livelli essenziali di prestazione, fabbisogni standard, perequazione infrastrutturale. Tutto ciò che serve per garantire uguaglianza di diritti e preservare il capitale di una economia competitiva nel mondo è finito dentro il fosso della Spesa Storica scavato
per estrarre risorse pubbliche e trasferirle in automatico dai poveri ai ricchi. Questa operazione tanto ingorda quanto miope si è sviluppata nel silenzio complice di tutti abolendolo sviluppo del Paese. Il bisticcio di parole è voluto. Siamo contenti che l’operazione verità è stata confermata in Parlamento, nella sede più autorevole di una democrazia, e cominci a diventare patrimonio della statistica economica. Il punto è che l’operazione verità deve diventare qualcosa di condiviso nella comunità nazionale, qualcosa di profondamente identitario nella popolazione meridionale. C’è bisogno di donne e uomini in carne e ossa, di un movimento di opinione che crede nella causa del Mezzogiorno come unica opportunità per la rinascita italiana. Perché nella comunità civile non prevalga il gattopardo che spinge a affidarsi politicamente al potente di turno o a chi grida più forte, cioè, a chi vuole solo prendere voti. Insomma: il Sud troverà ascolto se dimostrerà di avere referenti in grado di parlare un nuovo linguaggio e di costruire una cosa nuova. Per chiedere e ottenere ciò che da troppo tempo è ingiustamente negato, la parificazione infrastrutturale del Paese, devono cambiare le teste della politica e dei capi azienda delle imprese di servizi a controllo pubblico. Perché questo processo virtuoso si innesti ci vuole un mandato popolare riconoscibile,si deve percepire che non è la sfida del Sud ma dell’Italia. A pensarci bene, è la cosa più difficile.