In “Chiamiamo il Babbo”un ritratto inedito e intimo del grande cineasta
“CHIAMIAMO IL BABBO”, LE FIGLIE RICORDANO IL PAPÀ ETTORE SCOLA
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Ettore Scola, grande regista del cinema italiano (Trevico, Avellino, 10 maggio 1931 – Roma 19 gennaio 2016) è il protagonista del libro “Chiamiamo il babbo” delle due figlie Paola e Silvia, edito da Rizzoli. Il libro è stato presentato ieri al cinema Massimo di Torino e offre un ritratto inedito e intimo di Ettore Scola, tratteggiato da due delle persone che l’hanno conosciuto meglio. È un racconto fatto di lavoro e vita privata, aneddoti curiosi, consigli da non seguire, risate, amici celebri, battute, lampi di genio, episodi toccanti, momenti pubblici e istanti di dolce confidenzialità.
QUEI GRANDI FILM INDIMENTICABILI DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA
Il nome di Scola è scolpito nella storia del cinema come uno dei maestri più importanti della commedia all’italiana. I suoi film più importanti: “C’eravamo tanto amati”, “Brutti, sporchi e cattivi”, “Una giornata particolare”, “La terrazza”, “La famiglia”, “Che strano chiamarsi Federico” non si sono limitati a emozionarci, hanno segnato il nostro immaginario e contribuito a creare un’identità culturale condivisa. Ma quanto sappiamo davvero del loro regista, che in tanti considerano uno dei più grandi del Novecento, non solo italiano? Il libro ci offre un ritratto inedito e intimo, caldo e sincero. E tutto è reso più vivido da un «lessico familiare», per dirla con Natalia Ginzburg, fatto di espressioni legate alle vicissitudini quotidiane e al mondo del grande schermo. Ecco allora che, posto di fronte a domande assurde, Ettore era solito ribattere: «Ragioniere, io neanche le rispondo!», come Alberto Sordi in “Riusciranno i nostri eroi?”.
RICORDI, IMMAGINI E CITAZIONI COSÌ CAMBIÒ LA NOSTRA CULTURA
Fedeli allo spirito attento, ironico e curioso del padre – che amava ripetere:«Nella vita bisogna sorvegliare altri punti di vista», e cercava il comico anche nelle situazioni più cupe – Silvia e Paola Scola invitano a immergerci nell’immensità di ricordi, citazioni e avvenimenti che gettano una luce inaspettata su una vita ricchissima e una carriera da gigante. Così, guidandoci con tenerezza e delicatezza, ci permettono di osservare da una posizione privilegiata il regno di un grande uomo, che ha cambiato la storia del cinema e della nostra cultura.
TRE ANNI FA IL DOCUMENTARIO “RIDENDO E SCHERZANDO”…
Paola e Silvia già nel febbraio del 2016 avevano proposto un documentario sulla ricca e complessa personalità di Scola (regista, sceneggiatore, disegnatore ed umorista). Scola si raccontava attraverso interviste, clip dai suoi film e filmati in Super 8 finora a quel momento inediti. Ad accompagnarlo, l’autore e attore televisivo e cinematografico Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif): avendo come set il Cinema dei Piccoli a Villa Borghese, i due vedono scorrere il racconto di una vita privata ed artistica, forse ancora tutta da scoprire. «Ho orrore delle sicurezze, della mancanza di dubbi, dell’autostima… se l’Italia partisse dai propri limiti invece che dalle proprie virtù, andrebbe meglio», scrisse Il Messaggero. Cominciava così Ettore Scola, scomparso a 84 anni, nel documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma in ‘Ridendo e scherzando’, realizzato dalle due figlie.
GUAI AD AVERE TROPPA SICUREZZA IL MESSAGGIO CONTROCORRENTE
“Ridendo e scherzando” è un viaggio artistico e umano che le due autrici hanno costruito con le interviste rilasciate dal padre, nel corso degli anni (trovate negli archivi Luce e della Rai), i brani dei suoi film, filmini di famiglia, backstage «e quello che ci ha voluto dire dal vivo», spiegano. «Avevo sempre detto di no ai ritratti,temevo di ritrovare ciò che ho visto in quelli dei miei amici scomparsi, la retorica, la celebrazione, il rimpianto», aveva spiegato il cineasta. «Ho guardato il film per vedere se c’erano gli estremi per portare le mie figlie in tribunale – scherzò alla presentazione . In realtà sapevo che con loro andavo sul sicuro,perché hanno ereditato da me l’ironia, la paura della seriosità e un pò di autodisistima, benefica perché spinge a migliorare. Io l’ho imparata negli anni da disegnatore al ‘Marc’Aurelio’, il giornale satirico. A ogni nuova vignetta, idea, arrivavano critiche feroci. Ho fatto anche il mio cinema immaginando ogni volta di avere con me quegli amici a giudicarmi. La sicurezza è una brutta bestia». Invece oggi, aggiunse, «basta aprire la tv per trovare gente pienissima di autostima». E il critico giudizio pochi mesi fa sul cinema italiano di oggi? «Vive una stagione negativa, ma i rimproveri sono inutili, anche perché è nella stessa situazione della nostra letteratura, musica, poesia. È un momento di assestamento, di pianura senza picchi. Mancano i Fellini, i De Sica, ma c’è una giovane generazione che sta facendo del suo meglio e l’Italia non è avara di scandali, furti e disonestà da raccontare». Questo è un Paese «che non si fa amare, ma bisogna farlo lo stesso, sennò non si va avanti», erano state le sue parole.