buy NESSUNA TRANCHE DI AIUTI A MARZO” width=”376″ height=”251″ />(La Repubblica) Il Telegraph riporta un colloquio con fonti vicine a Syiriza, salve nel quale si indica un ‘piano B’ qualora non vadano a buon fine le trattative con le controparti europee. “Non diventeremo un protettorato dell’Ue”. Ma il viceministro alle Finanze Mardas: “Ripagheremo la tranche al Fmi in scadenza il 9 aprile”
MILANO – Continua la ridda di indiscrezioni e smentite riguardo al destino della Grecia. Da una parte, si diffondono voci di un possibile piano drastico con il ritorno alla Dracma, in coabitazione con l’euro, e la nazionalizzazione degli istituti di credito. Uno scenario catastrofico di quelli che ciclicamente sono emersi riguardo Atene. Dall’altra, il governo ateniese tampona la fuga di notizie e cerca di tranquillizzare tutti dicendo che le casse dello Stato sono abbastanza capienti da ripagare gli oltre 450 milioni di euro al Fondo monetario internazionale, che scadono il 9 aprile e che secondo molti osservatori Atene non sarebbe in grado di coprire senza il supporto dei creditori internazionali.
Le indiscrezioni Uk. Nazionalizzazione delle banche, coesistenza dracma-euro e messa in mora dai pagamenti per l’Fmi. E’ questo, secondo fonti citate dal Telegraph, il piano d’emergenza che sta definendo la Grecia nel caso non raggiungesse l’accordo con l’ex Troika per l’esborso dell’ultima tranche da 7,2 miliardi di euro del piano di salvataggio, indispensabile per ottemperare agli impegni finanziari. “Chiuderemo le banche e le nazionalizzeremo, e quindi emetteremo certificati di debito se dobbiamo, e sappiamo tutti cosa questo significhi. Di certo non diventeremo un protettorato dell’Ue”, ha detto la fonte, spiegando che ovviamente questo comporta un ritorno alla dracma, ma è ovvio che sarebbe preferibile raggiungere un’intesa con l’Ue, la Bce e l’Fmi. Il punto è che il governo non ottempererà ai pagamenti al Fmi 458 milioni di euro il 9 aprile, né di salari ed indennità sociali il 14 aprile, in assenza del via libera alle risorse Ue. “Siamo un governo di sinistra e se dobbiamo scegliere tra non pagare il Fmi e non pagare i nostri cittadini, la scelta è scontata”, dice al Telegraph un dirigente del partito del premier Tsipras. “Vogliono costringerci al rituale dell’umiliazione. Stanno cercando di metterci con le spalle al muro – dice la fonte – e scegliere tra il default verso la popolazione e sottoscrivere un accordo che è politicamente tossico per noi. Se questo è il loro obiettivo, noi non ci stiamo”.
Non ripagare l’Fmi sarebbe di fatto un default ma il governo vorrebbe trovare una formula di compromesso e prevedere una procedura di messa in mora, una sorta di pre-default, nel corso del quale continuare a trattate con la Troika. Di certo risultare insolvente, anche solo di qualche giorno, verso l’Fmi è una strategia estremamente rischiosa. Nessun paese sviluppato è mai stato inadempiente nei confronti delle istituzioni di Bretton Woods e sebbene ci sarebbe un periodo di grazia di sei settimane, prima che il Fondo dichiari il fallimento tecnico del paese, il processo potrebbe avere sviluppi inaspettati.
Da Atene tranquillizzano. Di diverso tono gli interventi ufficiali in Grecia, dove una voce del governo dice che Atene è pronta a rimborsare al Fmi i 450 milioni di euro di prestiti in scadenza il prossimo 9 aprile. Lo rivela il vice ministro delle Finanze, Dimitris Mardas, smentendo altre fonti governative secondo le quali Atene non avrebbe la liquidità sufficiente. “Siamo pronti a pagare in tempo i nostri obblighi” assicura Mardas a Skai TV. “Siamo pronti a pagare entro il 9 aprile” aggiunge.