È la paga minima che ogni lavoratore dovrebbe ricevere per ogni ora di prestazione svolta. Una misura che presto potrebbe diventare realtà anche in Italia. Spetterebbe ai lavoratori subordinati e a quelli parasubordinati, ossia tutti quei lavoratori le cui prestazioni si avvicinano in parte al lavoro subordinato e in parte a quello autonomo, come per esempio i collaboratori continuativi e quelli occasionali. «In linea di principio è positiva l’intenzione di dare concreta attuazione all’art. 36 della Costituzione garantendo una retribuzione non solo proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, ma anche capace di assicurare un’esistenza dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia». A spiegarlo il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca.
Dove è già in vigore
Secondo i dati Eurostat 2017, ben 22 dei 28 Stati dell’Unione europea godono di un salario minimo soprattutto in virtù di una limitata copertura dei contratti nazionali di lavoro o di un sindacato poco rappresentativo. L’Italia con una contrattazione collettiva che copre l’84% dei lavoratori esclude il salario minimo legale insieme a Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. «In effetti — continua De Luca — nel nostro Paese è un argomento molto sentito in alcuni specifici settori e per alcune tipologie di lavoratori; ma in effetti gli importi minimi orari dei CCNL sono per lo più migliori».
La prima proposta
Un salario minimo orario, pari a 9 euro l’ora, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali. Tale importo si attesterebbe ad una percentuale del 75-80% del valore medio delle retribuzioni contrattuali vigenti e, quindi, al di sopra addirittura da quello previsto in altri Paesi europei (in Germania in salario minimo orario è stato fissato a 8,50 euro). Troverebbe applicazione in tutti i rapporti di lavoro subordinati, parasubordinati e autonomi.
L’alternativa
Il salario minimo, pari a 9 euro l’ora al lordo degli oneri, è derivante dal contratto collettivo nazionale. In questo caso il provvedimento si applicherebbe ai soli rapporti di lavoro subordinati con la sola aggiunta delle collaborazioni organizzate dal committente (Co.co.co., assimilate alla subordinazione). «L’individuazione di un salario orario minimo però — obietta De Luca — dovrebbe tener maggiormente in conto il parametro qualitativo della retribuzione e dunque essere diversificato per professionalità e produttività del lavoro».
Isidoro Trovato, Corriere della Sera