È un’acquisizione che vale oltre 200 milioni di ricavi aggiuntivi e rafforzerà la posizione di terzo player mondiale — proprietario del marchio Curtiriso — dopo la spagnola Ebro foods (che in Italia ha investito nella Riso Scotti) e la nazionale Riso Gallo. In cabina di regia c’è la Euricom, capofila delle attività nel riso della famiglia Sempio, radici in Lomellina, patria del riso, e taglia mondiale che con questa operazione salirà a 630 milioni di ricavi. Ha comprato il 100% del capitale di tre società tra Nord ed Est Europa: Van Sillevoldt Rijst in Olanda, (con un impianto di trasformazione e confezionamento); Przedsiębiorstwo Rol-Ry in Polonia, tra i leader nel riso in Europa Centrale, snodo logistico per la Scandinavia e i Paesi Baltici. Infine ha rilevato la Gariboldi, riportando in Italia la proprietà dello storico marchio di Valle Lomellina, nella provincia pavese, con uno stabilimento a poca distanza da quello di Curti. In Italia la quota di mercato del gruppo è tra il 6 e il 7%.
Il marchio italiano
«C’è voluto parecchio coraggio perché siamo un po’ in controtendenza. Compriamo all’estero, portiamo impianti sotto la proprietà italiana in un momento di recessione, trasferiamo nel gruppo 350 dipendenti che in tutto saliranno a mille», dice Bruno Sempio, presidente della Euricom, seconda generazione di imprenditori nell’agroalimentare, che negli anni ‘90 avevano comprato dalla Nestlé la Curtiriso riportando nella Penisola (anche in quel caso) la proprietà di un brand centenario. «L’aveva rilevata mio padre dalla multinazionale. Abbiamo investito 100 milioni nel suo rilancio e siamo passati da 15 a 150 milioni di fatturato, cresciuto a ritmi del 20% l’anno», racconta l’imprenditore. Il fondatore aveva acquistato anche la Molini Certosa, quotata fino agli anni ‘70, con attività nella macinazione del grano nella Bassa padana. Le sinergie consentiranno di portare l’ebitda dal 6 all’8% dal 2020, in base al piano industriale appena redatto dal gruppo. Non è poco in un settore che ha i margini tipici delle commodity.
L’incontro
Questo affare nasce anche dall’incontro di due imprenditori. Ha infatti venduto le attività la francese Marbour group, conglomerata della famiglia Bourdillon, che l’ha fondata a Marsiglia e l’ha poi fatta crescere alla Réunion, a Mauritius e in Madagascar nel mondo alimentare e nei servizi per l’ambiente. Ora vende la lavorazione del riso in Europa. L’impegno economico del gruppo italiano nell’operazione — secondo il mercato — è di circa 60 milioni: il 75% è stato supportato da banche italiane. Sono arrivate così linee dalla Popolare di Sondrio (che nell’acquisizione ha avuto un ruolo centrale), Banco Bpm, Intesa Sanpaolo più Deutsche Bank ,che fornirà sostegno all’attività della Euricom nel Nord dell’Europa. Euricom nell’operazione è stata affiancata dall’advisor Galaet, da Deloitte, Jones Day e dallo studio Trotter. Post-acquisizione, i ricavi verranno per oltre 400 milioni dal retail, vale a dire dalle piccole confezioni in vendita sugli scaffali italiani e internazionali di Carrefour, Auchan, Tesco, Lidl, Aldi, Metro, Coop e Conad in 28 Paesi.
I manager
Il resto viene soprattutto venduto in Europa a gruppi industriali che utilizzano anche il riso per i loro prodotti, nomi come Kelloggs, Nestlé e Unilever. In questo mestiere ci vuole la taglia e l’efficienza. Le acquisizioni appena concluse portano in dote stabilimenti vicini ai grandi porti del Nord, dove la logistica è più efficiente e c’è meno burocrazia in un mercato, quello europeo, importatore di riso. «Sono fattori indispensabili per tagliare i costi ed essere più veloci, in un mercato dove la competizione è forte e globale», dice Sempio.
Il controllo
Il passaggio di consegne tra una generazione e l’altra nella Euricom è già avvenuto. Bruno Sempio ha la maggioranza del capitale della holding Euricom. In consiglio — costituito da cinque membri, tutti manager per ora — è affiancato dall’amministratore delegato Mario Francese, dal responsabile commerciale in Europa, Paolo Buscaglia, dal capo del mercato iberico, Edoardo Negri, e dal numero uno della divisione ricerca e sviluppo dove il gruppo investe tra i 10 e i 15 milioni l’anno. «Siamo vecchio stampo, lo so. Ma con me nel board c’è tutta la squadra che ha accompagnato l’azienda nel processo di crescita», racconta l’imprenditore. Il gruppo fino a una quindicina di anni fa possedeva anche attività nella produzione di pasta, venduta poi a un gruppo greco. Per puntare le risorse sul riso.
Daniela Polizzi, Corriere.it