Se dovessimo pensare a un identikit del consumatore di oggi, dovremmo immaginare un moderno Ispettore Gadget, il cartone animato ispirato all’ispettore Clouseau: diffidente e allo stesso tempo credulone, diffida dei rumors e dalle fake news ma poi alla fine, rischia di esserne la vittima principale. È quello che emerge dal rapporto Censis-Conad «I miti dei consumi» che ha cercato di analizzare il cambiamento negli acquisti nell’ultimo decennio rispondendo ad alcune domande: quanto il web e i social network stanno influenzando i consumi? E come la tecnologia sta rivoluzionando gli acquisti degli italiani? Cos’è cambiato negli ultimi dieci anni e come la potenza della soggettività, tipica di questi tempi, sta evolvendo il rapporto tra persone e acquisti?
La premessa parte dai numeri (deludenti) dei consumi: rispetto al 2008 si rileva un -6,3% reale per il potere d’acquisto delle famiglie e un -2% reale per i consumi. Dieci anni insomma non sono bastati per tornare ai valori pre-crisi e i consumi ancora stentano, visto che ancora nell’ultimo anno segnano solo un +1,5% reale. Prevale l’incertezza rispetto al futuro, con il 70,5% degli italiani convinto che nei prossimi dodici mesi non potrà spendere di più per i consumi propri e della propria famiglia. Ma quel che è certo, secondo il rappprto Censis-Conad è che oggi «vince la potenza del soggetto»: pur essendoci infatti il blocco della spesa totale, ci sono alcuni prodotti o settori che hanno registrato un vero e proprio boom. Grande protagonista è il bio, con la dinamica crescente del valore delle vendite dei prodotti biologici (+8% in valore, +6,6% in volume rispetto all’anno precedente) che coinvolge tutti i comparti, dalla drogheria alimentare (+4,7% in valore, +3,6% in volume), ai freschi (+8,2% in valore, +3,5% in volume), ortofrutta (incremento in valore +17,2%, +25,7% quello in volume), gelati e surgelati (+19,3% in valore, +18,8% in volume) alle bevande (+23,8% in valore, +40,2% in volume). Ma è potente anche la dinamica espansiva dei prodotti «free from», quelli senza una o più sostanze e/o ingredienti percepiti come nocivi: senza sale, senza zucchero o senza olio di palma. I dati segnalano +2%, con punte del +7,8% per i prodotti a ridotte calorie.
«Oltre la tecnologia, sono state le subculture sovversive, trasgressive, di margine – si legge nel report — magari inizialmente percepite come eccentriche e fuori dagli schemi consolidati, a generare trend di innovazione che poi sono entrati stabilmente nel mass-market». E così, mentre si comprano cose che si credono di nicchia e non mass-market, diventiamo più mass-market del mass-market. Il biologico, il salutismo e l’autenticità sono così diventati dei veri e propri trend.
«Il consumatore – spiega il rapporto — che è convinto di agire per dare gambe alle proprie idee di cambiamento e che da queste scelte trova gratificazione e anche identità, non vuole essere incastonato nel mainstream e tende a modulare il proprio consumo su se stesso in senso stretto, sulle sue convinzioni più intime, profonde. L’unico mito che lo mobilita nei consumi è se stesso, l’io ipertrofico che vuole ogni tipo di soddisfazione: non solo perché vuol decidere, ma perché le mitologie che nascono sui prodotti stimolano l’ipertrofia dell’io, le sue emozioni o aspettative razionali».
Ma protagonisti inattesi, che molto influenzano i consumatori, sono anche le fake news ei rumors vari, che si rivelano in molte situazioni come formidabili vettori di orientamento degli acquisti. E qui torniamo al nostro Ispettore Gadget: pur essendo infatti il consumatore di oggi molto più attento che in passato e va, come l’Ispettore, alla ricerca di informazioni online e offline con la sua lente di ingrandimento (sono 12,6 milioni le persone che trovano autonomamente informazioni su aziende, prodotti e servizi, e che sul web fanno acquisti), spesso non riesce a evitare l’ondata di fake news e rumors vari che si rivelano «vettori d‘acquisto». Gli esperti invece, in una vera e propria commedia degli equivoci, diventano quelli a cui non credere, i nemici: «6,4 milioni di italiani sono fortemente avversi a competenze e professionalità nelle quali non ripongono fiducia, diffidano degli esperti». Sono gli stessi italiani «per cui lo studio e la professionalità non sono indispensabili nella vita». Dati interessanti se si considera il fattore età, con i giovani che guidano la classifica dei più avversi: «sono il 25,1% i 18-34enni che non si fidano del sapere esperto (è solo il 18,9% tra chi ha più di 65 anni). Ed è il 24,2% la quota di giovani che crede che studio e professionalità non siano indispensabili per avere successo, contro il 17,6% rilevato tra gli anziani».
In questi contesto, diventa per le aziende fondamentale il sapersi comunicare. Diciassette milioni di italiani in un anno non hanno acquistato un prodotto o un servizio perché ne hanno giudicato fuorviante la pubblicità, il 40,5% dei giovani contro il 27,3% degli anziani. Utenti che hanno rifiutato un prodotto o servizio non per il contenuto merceologico o per la filiera, «ma perché il messaggio pubblicitario e la sua narrazione sono stati giudicati fuorvianti e quindi non meritevoli di fiducia». In questo contesto, giocano ovviamente un ruolo decisivo social e influencer. Se infatti nel 2018 37,6 milioni hanno acquistato prodotti e servizi in totale autonomia, senza tener conto di pubblicità, influencer e personaggi famosi, comincia ad aumentare la platea di chi diventa più permeabile e recettivo ai messaggi «social». Sono 23,7 milioni le persone hanno acquistato un prodotto e/o un servizio perché ne hanno visto o sentito la pubblicità su tv, radio, giornali o riviste. Ben 18 milioni di italiani hanno acquistato almeno un prodotto o un servizio perché ne hanno visto o sentito la pubblicità sui social media, da Facebook a Instagram. E 7,7 milioni di persone hanno acquistato perché consigliati da un influencer su blog o social media. Tra questi, soprattutto i giovani. Il 53,2% di ragazzi tra i 18e i 34 anni ha acquistato un prodotto dopo averne letto qualcosa sui social, percentuale che passa al 36,4% per la fascia di età 35-64 anni e arriva al 17,2% per la popolazione che va dai 65 anni in su. Il 23,4% dei giovani tra i 18-34anni ha comprato un prodotto o servizio perché consigliato da un influencer, percentuale che si abbassa con l’aumentare dell’età: 16,2% (35-64 anni) e 5% (65 anni e più).
Corinna de Cesare, Corriere.it