Le imbarcazioni straniere che entrano nelle acque italiane con i migranti a bordo sono «offensive perché recano pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato». È in base a questo principio che il ministro dell’Interno Matteo Salvini disporrà il «blocco navale». L’obiettivo l’ha ribadito ieri: «Sigillare le acque territoriali ai mezzi sgraditi come quelli delle Ong». Ma per raggiungerlo ordinerà veri e propri respingimenti in mare. Dunque bisognerà verificare se la misura possa davvero essere applicata, anche perché sarà necessario emanare un’ordinanza preventiva che dichiari lo «stato di pericolo». E non è escluso — come del resto è già accaduto per il decreto Sicurezza — che questo provochi nuove polemiche all’interno del governo. Soltanto dopo arriverà il provvedimento vero e proprio sul quale il responsabile delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha già assicurato di voler collaborare, pur consapevole che una parte del Movimento 5 Stelle continua a essere contraria alla politica del vicepremier leghista. Nelle intenzioni del ministro dell’Interno c’è l’emanazione di un decreto, ma su questo si dovrà confrontare anche con il Quirinale per l’eventuale controfirma e soprattutto per stabilire se esistano realmente i criteri di necessità e urgenza previsti per una misura di questo tipo.
La convenzione Onu
La strada percorsa in queste ore dai tecnici del Viminale passa per la Convenzione Onu sui diritti della navigazione che fu firmata nel dicembre 1982 a Montego Bay, in Giamaica, da 155 Stati. Sarà utilizzato l’articolo 19 che stabilisce quando il passaggio delle navi è «inoffensivo» e quando invece può essere impedito. Secondo quel testo il passaggio è «pregiudizievole se la nave è impegnata in attività di minaccia o impiego della forza contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dello Stato costiero». Salvini intende contestarlo alle organizzazioni non governative impegnate nel soccorso degli stranieri in mare combinandolo con un altro articolo, il 17, della stessa convenzione. In particolare la norma «vieta il passaggio in caso di carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero e ogni altra attività che non sia in rapporto diretto con il passaggio».
I mezzi
La procedura che il ministro vuole applicare prevede anche lo schieramento dei mezzi nel Mediterraneo. In particolare si prevederà che dovranno essere utilizzati i pattugliatori qualora ci fosse una nave in acque internazionali che punta verso l’Italia, proprio come accaduto per la Sea Watch. E se riuscisse comunque a forzare il blocco, dovranno essere le motovedette della guardia costiera a scortarla fuori dai confini. In sostanza non sarà più consentito stare in rada in attesa del «porto sicuro» come è accaduto in questi giorni quando l’imbarcazione della Ong con 47 stranieri a bordo è rimasta alla fonda di fronte a Siracusa e poi è stata dirottata verso Catania.
Fiorenza Sarzanini, Corriere.it