Il sottosegretario al Lavoro annuncia l’arrivo delle norme sulla Quota 100. Il vicepremier cinquestelle al forum Agi sul digitale: “Mise baluardo contro derive antiweb”
ll decreto legge con le norme sulla previdenza dovrebbe essere approvato tra il 10 e il 12 gennaio.
Lo fa sapere il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon sottolineando che ci saranno le norme sull’accesso alla pensione con la cosiddetta Quota 100, sul blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, sulla proroga dell’Ape sociale e sull’opzione donna. Non sarà nel testo invece l’abbassamento dal 2,8 a 2 volte il trattamento minimo della soglia per l’accesso alla pensione anticipata nel regime contributivo.
Per quanto riguarda quota 100La sperimentazione per l’anticipo pensionistico per chi ha almeno 62 anni di età e 38 di contributi e per chi ha almeno 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età (41 e 10 per le donne) sarà triennale.
Dal 1 gennaio in pensione a 67 anni
Il 1 gennaio 2019 scatteranno quindi le nuove regole per l’accesso alla pensione con l’incremento di cinque mesi legato all’aspettativa di vita sia per la vecchiaia (che passa da 66 anni e sette mesi a 67 anni) che per la pensione anticipata (da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e tre mesi) ma entro la metà del mese dovrebbe arrivare il decreto che “riporta indietro” i requisiti per la pensione anticipata a quelli del 2018. Si introducono però le finestre trimestrali e di fatto il “vantaggio” sarà di soli due mesi. Per chi non ha i requisiti previsti dalla cosiddetta quota 100 o quelli per la pensione anticipata l’età per l’uscita sarà a 67 anni.
Chi anticipa il pensionamento avrà il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino all’età di vecchiaia (a meno che non si tratti di lavoro autonomo occasionale fino a un limite di 5.000 euro annui). La finestra sarà a regime trimestrale per i lavoratori privati e semestrale per i pubblici. Ma se i privati con i requisiti raggiunti entro il 2018 potranno uscire il primo aprile 2019 per i pubblici il termine per il raggiungimento dei requisiti è il 31 marzo 2019 e la prima finestra scatterà a ottobre.
Il decreto dovrebbe avere anche norme sull’opzione donna con l’uscita in pensione per le donne con almeno 35 anni di contributi nate entro il 31 dicembre del 1959 se dipendenti e entro il 31 dicembre 1958 se autonome. A questo trattamento si applica la decorrenza mobile. Il provvedimento sulla previdenza dovrebbe contenere la proroga dell’Ape sociale e le norme sulla pace contributiva mentre viene stralciata la parte sull’abbassamento del limite per accedere in anticipo di tre anni alla pensione calcolata con il sistema contributivo da 2,8 volte il trattamento minimo al doppio del trattamento minimo.
Web tax, Di Maio: “Non sarà misura punitiva”
Intanto a proposito della nuova imposta introdotta in manovra a carico della multinazionali del web, la cosiddetta web tax, interviene il vicepremier Luigi Di Maio a chiarire che non si tratta di “una misura punitiva” ma di un provvedimento “che guarda agli over the top per cercare di riallineare alcune posizioni di concorrenza sleale”.
“Il Mise sarà il baluardo contro le derive anti-web o anti-digital”, ha spiegato Di Maio al Forum Agi sul digitale. “Anche questa web tax ha bisogno del decreto ministeriale Mef-Mise per essere emanata – ha aggiunto spiegando che il provvedimento sarà pronto per aprile – In questo momento noi vogliamo guardare agli over de top che contribuiranno con il 3% sul fatturato ulteriore in Italia e contribuiranno anche a riallineare la posizione di estremo vantaggio che hanno in alcuni settori come il mondo del turismo e del commercio”.
Che cos’è la nuova web tax
La nuova “imposta sui servizi digitali”, così come viene definita la nuova norma introdotta con il maxiemendamento approvato sabato notte, prevede una nuova tassa del 3% sui ricavi delle aziende “che prestano servizi digitali e che hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano”. Una misura cucita addosso soprattutto ai cosiddetti Over the Top, giganti del web come Google o Facebook, che grazie alle loro complesse strutture societarie riescono a fare figurare gran parte dei loro ricavi e dei loro profitti in società domiciliate in Paesi con fiscalità molto vantaggiose, riducendo al minimo i versamenti nel nostro Paese. Solo per fare un esempio, nel 2016, la somma di quanto versato da Facebook, Apple, Amazon, Airbnb, Twitter e Tripadvisor è stata di circa 11,7 milioni di euro. Briciole se si considera i fatturati stellari che alcune di queste società mettono a segno ogni anno grazie alle loro attività in Italia.
Dalla misura appena varata, il governo spera di incassare almeno 150 milioni il prossimo anno e oltre 600 negli anni successivi.
Repubblica