Intesa Sanpaolo, fresca di risultato confortante dagli stress test dell’Autorità bancaria europea, ha diffuso i dati trimestrali. Nel terzo periodo dell’anno l’utile netto è risultato in crescita del 28,2% a 833 milioni battendo le stime del consensus di mercato (792 milioni).
Da inizio anno il risultato si porta così a 3,012 miliardi e si confronta con i 2,39 miliardi dello stesso periodo del 2017. La banca aggiunge che l’utile salirebbe a 3,4 miliardi, raggiungendo così in 3 trimestri il 90% di quanto visto nell’intero esercizio passato, includendo anche la plusvalenza netta derivante dall’operazione con Intrum, che sarà contabilizzata entro la fine dell’anno. Da gennaio a settembre i proventi operativi netti sono saliti del 4,3% a 13,7 miliardi, con interessi netti a 5,54 miliardi (-1,1%) e commissioni nette a 5,9 miliardi (+0,4%). I costi operativi sono scesi del 3,2% a 6,9 miliardi, per un rapporto cost/income calato al 50,5%.
Da Intesa Sanpaolo parlano di risultati dei nove mesi “pienamente in linea con gli obiettivi del piano di impresa 2018-2021”, che lasciano presagire di chiudere l’anno con un utile netto 2018 superiore ai 3,8 miliardi di euro del 2017 (esclusi i 3,5 miliardi di soldi pubblici per l’acquisizione delle banche venete in dissesto) e che “confermano il supporto del gruppo all’Italia anche con l’impegno a diventare un punto di riferimento in termini di responsabilità sociale e culturale”.
All’andamento atteso del risultato netto è previsto concorrano un aumento dei ricavi, un continuo cost management e un calo del costo del rischio. La politica di dividendi per l’esercizio 2018 prevede la distribuzione di un ammontare di dividendi cash corrispondente a un “payout ratio pari all’85% del risultato netto”.
Carlo Messina, ceo di Intesa, ha accolto i dati dicendo che la banca “ha raggiunto gli obiettivi del Piano, pur in un contesto più complesso del previsto”.
Dai dati di bilancio emerge che l’esposizione totale al rischio sovrano italiano è pari a 74 miliardi a fine settembre, in lieve contrazione dai 75,2 miliardi di giugno. Lo stesso Messina, commentando i conti dei nove mesi dell’anno, ha annotato: “Il Common Equity Tier 1 ratio aumenta ulteriormente e raggiunge il 13,7% nonostante l’impatto negativo di 45 punti base derivante dalla riduzione del valore dei titoli di stato italiani in portafoglio”, sintomo del conto del caro-spread sulla banca.