Ministro Orazio Schillaci, le Regioni sono sul piede di guerra perché non vogliono rischiare di essere commissariate se non rispettano i tempi sulle liste di attesa.
«Non siamo in guerra. Si tratta di un confronto istituzionale legittimo su un tema delicato come i poteri sostitutivi. Voglio essere chiaro: l’obiettivo non è punirle, ma garantire che i cittadini possano vedere rispettato il loro diritto alle cure nei tempi appropriati. La legge prevede già procedure e criteri ben definiti».
Sanità: Non una Questione Politica
Fra le Regioni ci sono anche quelle di centrodestra e l’intesa sul decreto che stabilisce le condizioni per esercitare i poteri sostitutivi è stata negata da tutti, Fedriga compreso, presidente della Conferenza dei governatori.
«La sanità non è una questione di appartenenza politica. Il confronto avviene su un piano tecnico e istituzionale, non ideologico. È un processo dialettico normale in un sistema complesso come il nostro. Continuo a credere che così arriveremo a una sintesi, perché l’obiettivo è comune: migliorare il servizio per i cittadini. Le farei ascoltare le telefonate di alcuni, in merito alla barricata, e noterebbe notevoli differenze. C’è la volontà di dialogare in modo costruttivo, senza pretesti per ostacolare i miglioramenti».
Modifiche al Decreto: Obiettivo Efficacia
Introdurrà modifiche nel decreto, un dpcm, cambiando i criteri per il commissariamento?
«Ogni confronto serio deve partire da un presupposto: i cittadini hanno diritto a ricevere prestazioni sanitarie nei tempi indicati dalle classi di priorità prescritte dal medico. Se ci sono suggerimenti per rendere più equilibrato il percorso che porta ai poteri sostitutivi, li valuteremo con attenzione, ma senza compromettere l’efficacia dell’intervento».
Il Governo Può Procedere Comunque
Il governo in mancanza dell’intesa potrebbe decidere di andare avanti comunque?
«La normativa prevede che, in assenza di intesa dopo un congruo periodo di confronto, il governo possa procedere. Ci sono 30 giorni di tempo. Bisogna lavorare perché le prerogative di tutti siano rispettate, soprattutto quelle dei cittadini. Le liste chiuse, i tempi lunghissimi di attesa che però scompaiono se si accetta di pagare la prestazione privata, le disponibilità trovate all’istante davanti a una troupe giornalistica non possono più essere tollerati. Il decreto liste d’attesa è già legge dello Stato, ora si tratta di renderlo pienamente operativo».
Fondi Non Spesi: Un Fatto, Non un’Accusa
Si può sospettare che le Regioni dietro questa contrarietà vogliano nascondere altro? Lei le ha accusate di non aver speso i fondi per lo smaltimento delle liste di attesa.
«Non mi piace ragionare per sospetti. Ho semplicemente riportato i dati dell’ultima relazione della Corte dei Conti: un quarto dei fondi stanziati per le liste d’attesa nel periodo 2022-2024 non è stato speso per questo scopo o è rimasto inutilizzato. Questo è un fatto, non un’accusa. Ciò che mi interessa è trovare soluzioni, non alimentare polemiche. Alcune Regioni stanno facendo un ottimo lavoro, altre sono in difficoltà».
La Situazione sul Campo: Dati a Macchia di Leopardo
Qual è la situazione delle liste di attesa? È vero che non tutte le Regioni hanno riportato i dati correttamente?
«La piattaforma di monitoraggio Agenas è attiva e sta raccogliendo dati anche se con livelli di completezza diversi. Alcune Regioni li stanno riportando in modo puntuale e completo, altre sono in fase di adeguamento dei propri sistemi informativi. Emerge un quadro a macchia di leopardo. Ci sono realtà dove i tempi d’attesa si stanno riducendo significativamente: nel Lazio sono aumentate le prestazioni erogate nei tempi di garanzia, passando da un’attesa media di 42 giorni a 9 giorni, in altre persistono criticità importanti. Il problema non è la legge ma chi non la applica».
Margherita De Bac, corriere.it