In Italia, circa 444.000 professionisti non sono iscritti a Ordini professionali, una realtà che coinvolge un ampio spettro di settori e che sta attraversando un periodo di trasformazione significativo, anche grazie all’adozione di nuove tecnologie. Di questi, il 57,4% sono uomini e il 42,6% donne. L’età media si concentra tra i 45 e i 54 anni, con il 33,4% della categoria che rientra in questa fascia. Più della metà di questi professionisti (50%) possiede un titolo di laurea o post-laurea, a conferma di una solida preparazione accademica. Questi i principali risultati dell’Osservatorio sui professionisti non ordinistici 2024, realizzato da Confcommercio Professioni in collaborazione con Format Research. Stiamo parlando di designer; wedding planner; influencer/content creator; guide turistiche; insegnanti yoga; professionisti di benessere, movimento, pilates ed esercizio fisico; consulenti finanziari; consulenti e formatori di management; professionisti della prevenzione e sicurezza sul lavoro; professionisti ICT; optometristi; amministratori di condominio; informatori cosmetici qualificati, interpreti, business designer, family officer (e family lead advisor) e professionisti reti d’impresa.
Le aree in cui operano i professionisti non iscritti agli Ordini sono molteplici, ma alcune emergono con una netta prevalenza. Circa il 30% di loro lavora in ambito tecnico-scientifico, mentre il 25,5% è attivo nei settori economico-legali e il 21,9% nelle professioni socio-sanitarie. Un dato che evidenzia una forte componente specializzata, con settori tecnici e professioni legate alla salute che la fanno da padrone. Più marginale, ma comunque significativo, è il settore della comunicazione, che coinvolge il 10,2% dei professionisti.
Un aspetto che sta caratterizzando la crescita e l’evoluzione di questa categoria riguarda l’adozione dell’intelligenza artificiale. Il 62,4% dei professionisti non iscritti ad Ordini fa già uso di strumenti di IA generativa, come chatbot, software di traduzione e assistenti virtuali. Questi strumenti, spesso ritenuti innovativi e decisivi per l’efficienza del lavoro, sono considerati da oltre il 50% degli utilizzatori come un miglioramento per la qualità del lavoro stesso, grazie a vantaggi in termini di produttività, riduzione degli errori e risparmio di tempo.
L’intelligenza artificiale sta quindi diventando una risorsa sempre più importante. Tuttavia, non tutti condividono lo stesso entusiasmo. Il 42% dei professionisti che utilizzano l’IA non percepisce alcun miglioramento tangibile nella qualità del proprio lavoro. Un divario che suggerisce come l’impatto di questa tecnologia sia ancora oggetto di discussione e non privo di sfumature. Nonostante ciò, l’85% degli intervistati si dichiara ottimista riguardo ai potenziali benefici dell’IA, con particolare attenzione alle opportunità future.
Ma cosa si aspetta la categoria riguardo all’evoluzione tecnologica? In particolare, il 27% dei professionisti temono che l’IA possa minacciare la loro professione, con un’incidenza più alta tra i lavoratori del settore della comunicazione. In questi ambiti, infatti, l’automazione dei compiti e la sostituzione delle mansioni umane sono percepite come un pericolo imminente. A sollevare preoccupazione è anche il timore che l’introduzione dell’IA possa ridurre la qualità dei servizi offerti, una preoccupazione che è più diffusa tra le donne e i professionisti più giovani.
Tuttavia, la prospettiva di un cambiamento non è solo fonte di ansia. Il 43,6% degli intervistati prevede che l’IA consentirà l’automazione di attività ripetitive, liberando tempo prezioso per dedicarsi a compiti più strategici e creativi. Più della metà degli intervistati (52,4%) è convinta che l’adozione dell’IA porterà alla creazione di nuove opportunità di lavoro, segnando un cambiamento positivo nella struttura occupazionale. Il 61,2% si aspetta che, grazie all’intelligenza artificiale, i servizi diventeranno più personalizzati e su misura per le esigenze dei clienti, dando vita a nuove modalità di relazione professionale.
Nonostante le promesse che l’IA sembra portare con sé, c’è un aspetto che rimane un punto dolente per molti professionisti: la formazione. Solo il 16,6% degli intervistati ha ricevuto una formazione specifica sull’intelligenza artificiale, e la fascia di età più giovane (18-24 anni) mostra la percentuale più alta di preparazione, con un 40,3%. Al contrario, i professionisti più anziani, in particolare quelli sopra i 64 anni, sembrano essere meno coinvolti in percorsi di aggiornamento tecnologico.
A fronte di questi dati, emerge chiaramente che le associazioni di categoria devono assumere un ruolo centrale nell’affrontare la sfida formativa legata all’intelligenza artificiale. Il 70% dei professionisti ritiene che le organizzazioni di settore debbano farsi carico della formazione continua, aggiornando i membri su come sfruttare al meglio l’IA per migliorare le proprie attività professionali.
Anna Rita Fioroni, nella foto, Presidente di Confcommercio Professioni: “Se è positivo che già il 62% degli intervistati utilizzi strumenti di intelligenza artificiale, ci preoccupa che solo una piccola percentuale abbia ricevuto una formazione specifica. Il nostro compito è quello di orientare l’innovazione nell’intelligenza artificiale creando consapevolezza e comportamenti etici che devono derivare da scelte autonome più che da vincoli di legge. Occorre poi un welfare su misura e soprattutto occorre riportare equità nel trattamento dei lavoratori autonomi professionali iscritti alla gestione separata Inps, favorire l’adesione alla previdenza complementare e all’assistenza sanitaria integrativa, promuovere la conoscenza dell’ISCRO. Occorrono anche politiche attive rivolte al lavoro autonomo professionale e su questo il Dl Coesione ha fatto importanti passi in avanti (in attesa della concreta attuazione). Per la crescita e competitività i professionisti devono essere parificati alle imprese nella fruizione degli incentivi, rispettandone però le specificità. Occorre puntare agli investimenti sulla formazione professionale a tutti i livelli riconoscendo un ruolo alle associazioni e alle forme aggregative di rappresentanza delle professioni. Nella nuova riforma fiscale ci sono molte novità positive che però potrebbero essere implementate con una maggiore attenzione alle specificità del regime forfettario e delle professioni non ordinistiche”.
Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio “Quello delle professioni è un mondo che risponde ad una domanda sempre più forte di competenze e flessibilità, contribuendo alla crescita occupazionale e all’innovazione nel nostro Paese. Siamo infatti convinti che la formazione, l’innovazione e la competenza siano le chiavi per affrontare le sfide di oggi trasformandole in opportunità concrete. L’intelligenza artificiale, ad esempio, sta rivoluzionando il modo in cui aggreghiamo le informazioni e persino come le creiamo. Alcuni lavori rischiano di essere “automatizzati” o diventare obsoleti se non affrontiamo da subito questo cambiamento. Ma i professionisti lo hanno già capito e la stragrande maggioranza di loro ritiene che l’IA influenzerà in maniera importante il proprio settore nei prossimi cinque anni. Più della metà ha già iniziato a usarla ma occorre una formazione specifica e un approccio “etico” ai problemi che pone”.