Nei prossimi dieci anni il sistema sanitario italiano avrà bisogno di 55 mila medici, 44 mila infermieri e altri 20 mila professionisti, tra operatori socio sanitari e addetti alla riabilitazione, in più rispetto agli organici attuali. Oltre a dover sostituire 27 mila medici, 24 mila infermieri e altrettanti addetti ai ruoli tecnici, che da qui al 2032 andranno in pensione.
Mentre i medici scioperano per le risorse stanziate sulla sanità dalla Legge di Bilancio, giudicate insufficienti, ed il mancato piano pluriennale di assunzioni annunciato dal ministro Orazio Schillaci, in procinto però di reclutare 10 mila infermieri dall’India, uno studio della Banca d’Italia rivela la fragilità del sistema sanitario nazionale, che assume toni preoccupanti nel Mezzogiorno.
Le nuove assunzioni non bastano
Dopo il calo tra il 2011 e il 2019 indotto anche dai piani di rientro dal deficit delle regioni, il personale sanitario è ripreso a crescere dopo la pandemia. Ma questo «non ha consentito di colmare i divari territoriali, superare i problemi legati all’anzianità dell’organico, nè di soddisfare in prospettiva il maggior fabbisogno connesso alla realizzazione delle strutture territoriali finanziate dal Pnrr» si legge in un Focus del Rapporto sulle economie regionali della Banca d’Italia che uscirà domani.
Aumenta il divario Nord-Sud
A fine 2022 il Servizio sanitario contava, nella media nazionale, 123 addetti ogni 10 mila abitanti, quota che precipita a 109 nel Sud, a fronte dei 122 del Centro e i 134 del Nord. L’occupazione è crescita di più al Centro e al Sud, ma l’incremento «è avvenuto prevalentemente attraverso contratti temporanei» e, alla fine, i differenziali territoriali si sono ampliati.
Presto in pensione
Il blocco parziale delle assunzioni, nel frattempo, ha prodotto un forte invecchiamento del personale sanitario. I medici che a fine ‘22 avevano più di 60 anni erano il 26%, quota che sale al 34% nel Mezzogiorno. Oltre il 40% dei medici di medicina generale e dei pediatri, il 45% nel Mezzogiorno, ugualmente, aveva a fine 2022 più di 60 anni di età. Il che significa, rileva il rapporto Bankitalia, che nell’arco dei dieci anni, il 2032, usciranno in pensione quasi 80 mila addetti, tra medici ospedalieri, infermieri e medici convenzionati.
Le ambizioni del Pnrr
Ad accentuare il fabbisogno di personale della sanità è anche il Pnrr, che ha previsto 6 miliardi di investimenti nella medicina di prossimità. Solo l’attuazione di questo programma, nota Bankitalia, richiederà almeno 19.600 infermieri e 6.300 operatori socio sanitari, in aggiunta rispetto alla dotazione attuale. Anche in questo caso il maggior fabbisogno è al Sud.
Con la Legge di Bilancio appena presentata in Parlamento si sperava nell’avvio del maxi piano di assunzioni sollecitato dal ministro della Salute, ipotizzando il reclutamento di 30 mila nuovi addetti in tre anni, ma alla fine i fondi non sono saltati fuori, almeno per il prossimo anno.
Intanto arriva la flat tax
Con la manovra il Ssn ottiene 1,3 miliardi in più nel 2025, ma 5 dal 2026 e forse allora potranno partire le assunzioni. Intanto si procede con misure “tampone”: ai medici viene consentito di restare al lavoro anche dopo aver maturato i requisiti per la pensione, si aumentano le indennità per i sanitari del pronto soccorso e per gli specializzandi nelle branche sanitarie di maggior bisogno, e si detassa una parte del salario. «Le risorse per la flat tax dei medici» assicura Schillaci, «sono nella Legge di Bilancio».
Mario Sensini, corriere.it