Il referendum in Moldova, volto a modificare la Costituzione e a valutare l’adesione del paese all’Unione Europea, è attualmente in bilico, con i “no” al 50,1% e i “sì” al 49,9%. Con il 97% dei voti scrutinati, la situazione è estremamente ravvicinata e il risultato finale rimane incerto. Questo esito è sorprendente, dato che recenti sondaggi prevedevano una vittoria netta per il fronte del “sì”.
Le votazioni si sono svolte ieri insieme alle elezioni presidenziali, rappresentando un momento cruciale nel contesto delle tensioni tra Russia e Occidente riguardo al futuro della Moldova, un piccolo paese dell’Europa sudorientale con una popolazione di circa 2,5 milioni di persone.
La presidente Maia Sandu, sostenitrice di orientamenti filo-occidentali, ha denunciato un “assalto senza precedenti” alla libertà e alla democrazia in Moldova. Durante lo scrutinio, ha affermato che “gruppi criminali” hanno tentato di “indebolire il processo democratico”. Sandu ha accusato la Russia di finanziare opposizioni pro-Cremlino, diffondere disinformazione e interferire nelle elezioni locali, affermando che ciò rappresenta un attacco alla sovranità del paese.
La presidente ha aggiunto che il governo moldavo attenderà i risultati definitivi e risponderà con “decisioni ferme” di fronte a tali minacce.
Il referendum e le elezioni presidenziali in Moldova segnano un punto critico per il paese, in un contesto geopolitico complesso e influenzato da forze esterne.