TESYA, Gruppo leader nella fornitura di servizi e soluzioni integrate B2B presente in molteplici settori (dalle costruzioni alla transizione energetica, fino alla gestione di cantieri e logistica), in collaborazione con AstraRicerche, ha recentemente condotto una ricerca nella gran parte dei Paesi in cui opera (Portogallo, Spagna, Italia, Slovenia e Croazia) con l’obiettivo di analizzare l’impatto a lungo termine dell’Intelligenza Artificiale sul mercato del lavoro.
I 4.031 intervistati raggiunti hanno condiviso le proprie opinioni e idee su una delle tecnologie maggiormente disruptive che, ultimamente, è diventata protagonista del dibattito pubblico.
Tra tutte le evidenze rilevate, emerge la richiesta di una Intelligenza Artificiale corretta, che implichi gli usi migliori e favorevoli nel lavoro, tra questi – in primis – tutela e un maggiore equilibrio tra vita privata e professionale.
“Un aspetto fondamentale che viene sottolineato dallo studio è la richiesta di un’Intelligenza Artificiale “buona”. I rispondenti auspicano un’AI eticamente corretta, socialmente utile e che porti conseguenze positive nel mondo del lavoro. Questa domanda di etica e responsabilità sociale si inserisce perfettamente nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente attenzione di cittadini e consumatori verso le tematiche ESG. Le imprese, oggi, si interrogano maggiormente sull’impatto delle proprie operazioni e l’adozione di pratiche di sostenibilità sociale comincia a diffondersi a più livelli” – ha dichiarato Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche
Nell’ambito della richiesta di usi etici spicca la sicurezza sul lavoro: per il 59% dei cittadini italiani (50% Portogallo, 54% Spagna, 38% Slovenia, 52% Croazia), l’AI renderà più sicuro lo svolgimento di alcune attività manuali perché sarà in grado di prevenire rischi, fermare operazioni pericolose, salvaguardare la salute di operai e affini. Ma, ancora, il 62% degli italiani (53% Portogallo, 51% Spagna, 43% Slovenia, 47% Croazia) pensa che l’AI possa controllare sistemi industriali anche molto complessi, con o senza l’uso di robot, garantendo benefici come maggiore efficienza, manifattura di prodotti con costi minori e, non da ultimo, maggiore sicurezza per i lavoratori.
In aggiunta, più della metà degli italiani crede che la sua adozione apporterà non pochi benefici: infatti, i macchinari saranno più efficaci, più efficienti, più duraturi e più sicuri (57% Portogallo, 57% Spagna, 62% Italia, 47% Slovenia, 58% Croazia).
Lino Tedeschi, Presidente e CEO del Gruppo TESYA, commenta: “Nella nostra visione, l’Intelligenza Artificiale deve fungere da catalizzatore per aumentare la produttività aziendale e generare occupazione di qualità, consentendo alle persone di effettuare mansioni a maggior valore aggiunto. Sosteniamo fermamente che l’AI debba essere impiegata con etica, “intelligenza” e coscienza e che l’adozione delle nuove tecnologie debba non solo migliorare l’efficienza operativa, ma anche promuovere e rafforzare la sicurezza sul posto di lavoro. E, su questo ultimo punto, stiamo concentrando il nostro impegno. Le innovazioni digitali promosse da CGT, ad esempio, hanno significativamente migliorato e continueranno a migliorare la sicurezza degli operatori in cantiere. Le applicazioni di soluzioni di automazione industriale e di robotica in ambito logistico condotte da CLS possono, invece, ridurre sensibilmente i rischi per gli addetti alla movimentazione dei materiali in fabbrica o in altri luoghi di produzione”.
Ma oltre alla produttività, l’AI avrà un impatto positivo anche sul work life balance? Secondo il 55% degli italiani (45% Portogallo, 49% Spagna, 37% Slovenia, 52% Croazia) le società avranno comportamenti diversi: alcune non permetteranno ai lavoratori di usare, a proprio piacimento, il tempo libero derivante dall’uso dell’AI, altre, invece, sì. E vi è anche una porzione fiduciosa rappresentata dal 44% dei nostri connazionali (35% Portogallo, 36% Spagna, 35% Slovenia, 24% Croazia) a ritenere che le ore a disposizione verranno destinate alla propria vita privata.
Lo studio si è anche posto l’obiettivo di esplorare la conoscenza e la familiarità del panel con l’AI. Non sorprende che, ai primi posti della classifica, vengano riconosciute le applicazioni più “pop” quali i chat bot (61% Portogallo, 55% Spagna, 44% Italia, 57% Slovenia, 54% Croazia), i servizi di riconoscimento facciale (45% Portogallo, 52% Spagna, 48% Italia, 46% Slovenia, 44% Croazia) e gli algoritmi generativi (49% Portogallo, 52% Spagna, 45% Italia, 48% Slovenia, 46% Croazia). All’ultimo posto, invece, l’uso dell’AI nella cybersecurity, nonostante l’Intelligenza Artificiale sia un alleato fondamentale contro i sempre più diffusi attacchi hacker (37% Portogallo, 40% Spagna, 40% Italia, 33% Slovenia, 42% Croazia).
Analizzando invece il percepito dei cittadini italiani, affiorano dei sentimenti discordanti: se, da una parte, il 56% accetta di buon grado l’AI dichiarandosi “curioso e interessato” (58% Portogallo, 56% Spagna, 49% Slovenia, 50% Croazia), dall’altra, 1 persona su 3 (31%) manifesta inquietudine e ritiene che l’AI causerà dei danni (30% Portogallo, 31% Spagna, 32% Slovenia e 35% Croazia). Per limitarli, il 73% degli italiani intervistati (63% Portogallo, 60% Spagna, 57% Slovenia, 67% Croazia) crede che non si debba lasciare pieno controllo a questa tecnologia: le decisioni e le attività chiave in azienda devono comunque essere riservate agli umani, e gli algoritmi vanno confinati a una mera posizione di supporto.
Finzi fornisce un’analisi delle sensazioni emerse, commentando: “I risultati evidenziano che ci troviamo in una fase di transizione cruciale. Da un lato, emergono chiaramente le percezioni positive: le potenzialità dell’AI sono ampiamente riconosciute, con particolare enfasi sui miglioramenti nei livelli di innovazione e di servizio, senza dimenticare le opportunità di risparmio economico e di tempo-lavoro. Dall’altro lato, però, non mancano sentimenti di timore e percezione di rischio, soprattutto in ambito professionale. Questi sentimenti sono del tutto comprensibili e devono essere accolti e ascoltati. La storia ci insegna che ogni grande rivoluzione tecnologica porta con sé un mix di entusiasmo e apprensione, e l’AI non fa eccezione”.
L’incognita, ancora tutta da vagliare, è l’impatto che l’adozione sempre più capillare dell’AI avrà sul mondo del lavoro. Stando al 43% del campione proveniente dal Bel Paese (26% Portogallo, 37% Spagna, 28% Slovenia, 30% Croazia) si vedrà un aumento del numero dei posti di lavoro qualificati, mentreil 63% (58% Portogallo, 56% Spagna, 42% Slovenia, 53% Croazia) crede che causerà una riduzione del numero di posti di lavoro non qualificati.
Da non sottovalutare è anche l’elemento formativo, con il 61% degli italiani che ritiene che i lavoratori debbano usare l’AI per riqualificarsi, consolidare le proprie conoscenze e competenze, migliorare in prospettiva la posizione lavorativa(52% Portogallo, 50% Spagna, 44% Slovenia, 53% Croazia).
“In ultima istanza, l’Intelligenza Artificiale offre opportunità straordinarie, ma il suo impatto deve essere gestito con attenzione, etica e sensibilità sociale. Solo così potremo garantire che i benefici derivanti da questa tecnologia siano equamente distribuiti e non acuiscano, invece, i gap attualmente esistenti” – conclude Finzi.