di Mauro della Porta Raffo
Presidente onorario della Fondazione Italia USA
Il romanesco “Ce siete o ce fate?”.
Ecco l’espressione che mi viene alla mente sentendo e leggendo i commenti, immancabilmente, da oramai nove anni, uguali nel tono e nella sostanza, dei giornalisti conseguenti i comizi e gli interventi nei dibattiti di Donald Trump.
Sostanzialmente, “ma quanto è maleducato, rissoso, sgraziato, inadatto e non all’altezza del ruolo questo parvenu.
Impossibile che qualcuno, se non i ‘deplorables’ come li ha chiamati Hillary Clinton nel 2016, lo voti!”
Orbene, e dovrebbero saperlo benissimo- è per via del fatto che non lo dimostrano che mi ripeto il predetto “Ce siete o ce fate?” – perfino i raffinati inviati del New York Times e del Washington Post piuttosto che dei network (e a cascata dei dipendenti media europei), nelle ricordate circostanze, Donald Trump – e in genere un uomo politico sagace – non sta parlando con loro, non ha nessuna intenzione di ingraziarseli.
In qualche buona misura, il contrario.
Nel caso, esprimendosi pubblicamente, si rivolge con i modi e i linguaggi che ritiene più efficaci in primo luogo ai propri sostenitori per confortarli, rafforzando il comune sentire.
Poi, a quanti, indecisi, possano per qualche verso e nel contesto convergere.
Mai, per nessuna ragione, ai mille e mille che siano idealmente e politicamente schierati dall’altra parte.
Primi tra tutti i commentatori sopra indicati un cui improvviso apprezzamento lo preoccuperebbe grandemente.
Si rendano finalmente conto queste sofferenti anime – “Cosa devono sopportare, Signora mia!?” – che il loro voto nuovaiorchese chic vale esattamente quanto quello della casalinga di Boise, Idaho, magari di origini basche, intenta nello stesso momento a spennare un pollo in vista della cena!
Ho altra volta trattato della importanza dei Baschi nella esplorazione e sia pur piccola colonizzazione del Nuovo Mondo così come della consistenza degli stessi proprio a Boise, Idaho.