Prima una lettera perentoria («sono fermamente deciso a restare in corsa, uniamoci per battere Trump») inviata ai parlamentari democratici al loro rientro in Congresso dopo la settimana d’interruzione per l’Independence Day per bloccare sul nascere nuove contestazioni: molti di loro erano infatti tornati a Washington decisi a chiedergli di ritirarsi. Poi una furiosa apparizione a una trasmissione liberal del mattino, Morning Joe sulla Msnbc: «Non mi fermeranno né i grandi nomi che mi chiedono di mettermi da parte, né le élite del partito democratico. A loro dico: se non mi volete andate avanti, candidatevi al mio posto, sfidatemi alla convention».
Infine, l’ennesima indiscrezione filtrata dalla presidenza che fa sorgere altri dubbi sullo stato di salute del leader dem: da novembre a marzo un neurologo specialista di morbo di Parkinson è stato per ben 10 volte alla Casa Bianca. Kevin Cannard dell’istituto Walter Reed di Bethesda, il più importate ospedale militare d’America, ha incontrato i medici del presidente. Non è chiaro se abbia visitato direttamente Biden. Riserbo assoluto di Cannard, mentre la Casa Bianca non ha negato le visite (del resto testimoniate dai registri) ma ha aggiunto che molti specialisti del Walter Reed vengono consultati di continuo per i motivi più vari. Ed ha precisato che Biden non ha sintomi di Parkinson e non viene curato per questa patologia. Nella notte la Casa Bianca ha poi pubblicato una lettera che respinge le accuse sul dottor Cannard, che secondo il New York Times aveva visitato la Casa Bianca «otto volte in otto mesi». Secondo la portavoce di Biden, Cannard è semplicemente il neurologo che ha visitato Biden ogni anno, in coincidenza con l’esame medico fisico (l’ultima volta a febbraio), stabilendo che non ha problemi, e non lo ha mai visitato al di fuori di questi esami annuali.
Dopo i giorni dello smarrimento per il disastro del dibattito tv con Trump, il presidente cerca di tornare in sella rassicurando il partito sul suo stato di salute e sostenendo che non ci sono alternative praticabili alla sua leadership: «A 42 giorni dalla convention e a 119 dalle elezioni è ora di mettere fine alle illazioni e riprendere uniti la campagna elettorale». Ma quella iniziata ieri si presenta comunque come un’altra settimana di fuoco dopo il weekend nel quale Biden puntava al rilancio con un’intervista televisiva, due radiofoniche e comizi in Wisconsin e Pennsylvania, due stati essenziali per la rielezione. Ha evitato altri incidenti, ma non ha chiuso le ferite del dibattito con Trump: ha parlato in ambienti protetti (in Pennsylvania nella chiesa di un pastore suo amico), leggendo sempre da un teleprompter mentre è emerso che erano basate su domande preconfezionate mandate dalla Casa Bianca agli intervistatori. La giornalista della Wurd Radio di Filadelfianche ha ammesso di averle usate ed è stata licenziata.
Due giri di boa importanti per Biden: tenere a bada le contestazioni dei dem (non è detto che la lettera mandata all’alba di lunedì basti) e il vertice Nato. Da oggi a giovedì i leader dei Paesi del Patto Atlantico si incontrano a Washington: il presidente vorrebbe usare anche questo summit per rilanciare la sua immagine di unico leader americano con una statura mondiale e una profonda conoscenza delle grandi questioni internazionali. La conferenza stampa finale di giovedì sarà l’unico evento mediatico di grande portata che avrà a disposizione da qui alla convention democratica di agosto. Biden vuole usarlo per vantare l’efficacia della sua leadership, la sua capacità di tenere unito l’Occidente e allargare l’Alleanza. Ma i segnali politici che arrivano dal vecchio continente indicano che i leader europei vengono a Washington pensando già a come rapportarsi con (o proteggersi da) una nuova amministrazione Trump.
Quanto al Congresso, non è chiaro se la lettera di Biden basterà a bloccare le contestazioni: prima della sua pubblicazione diversi parlamentari di peso come Jerry Nadler, Adam Schiff e Debbie Dingell si preparavano a chiedere al presidente di farsi da parte o di smettere di ascoltare solo i consigli dei familiari e di un circolo ristretto di fedelissimi. Ma se Biden si chiude in un bunker diventa difficile stanarlo.
Massimo Gaggi, corriere.it