C’è una nuova coperta per i periodi in cui il lavoratore era a casa e non gli è stato possibile versare i contributi. Si tratta della cosiddetta pace contributiva, operativa fino al 31 dicembre 2025: è la facoltà prevista dalla Manovra 2024, replicandone una analoga del triennio 2019/2021, che consente di valorizzare i periodi di non lavoro e senza contributi tra un’occupazione e l’altra.
Un esempio? I periodi di non lavoro tra due contratti a termine. Il via libera, con il placet del ministero del lavoro, è arrivato dalla pubblicazione della circolare n. 69 del 29 maggio 2024 dell’Inps. L’opportunità può essere colta anche dai familiari superstiti di lavoratori deceduti prima di aver maturato la pensione, allo scopo di ottenere la pensione di reversibilità.
Il riscatto: cos’è?
Il riscatto è un istituto che permette di valorizzare ai fini della pensione periodi non coperti da contributi. Esempio classico è il riscatto della laurea; più recente è, invece, questo riscatto dei buchi contributivi, cosiddetta pace contributiva, che, operativo per il biennio 2024/2025, consente di valorizzare i periodi di non lavoro (nemmeno coperti da altri contributi) tra un’occupazione e un’altra. Per esempio, chi in un anno ha lavorato 10 mesi con due contratti a termine, il primo di sei mesi e il secondo di quattro mesi, dopo due mesi di non occupazione, può riscattare il “buco contributivo” di due mesi, tra la prima e la seconda assunzione.
La pace contributiva 2024/2025
La pace contributiva introdotta dalla legge Bilancio 2024 consente di riscattare fino a un massimo di cinque anni di periodi di non occupazione. La possibilità non è offerta a tutti i lavoratori, ma solo a quelli iscritti all’Inps (dipendenti, autonomi, gestione separata), senza contributi versati al 31 gennaio 1995 di qualsiasi tipologia (obbligatori, figurativi, riscatto) in qualsiasi gestione obbligatoria, incluse casse dei professionisti, ordinamenti previdenziali di stati esteri e fondi di previdenza dell’unione europea, né titolari di una pensione diretta.
Attenzione: l’eventuale acquisizione di contributi relativi a periodi anteriori al 1° gennaio 1996, successivamente al riscatto, ne determina l’annullamento d’ufficio, con rimborso dei contributi versati.
Riscatto massimo di cinque anni
Il riscatto è possibile per i periodi di non occupazione trascorsi tra un lavoro e l’altro, collocati tra l’anno nel quale si è iniziato a lavorare e il 31 dicembre 2023, a patto che in quei periodi non vi fosse un obbligo di versamento di contributi. Ciò vuol dire che il riscatto non può essere usato per recuperare eventuali periodi di lavoro, anche se prescritti. Il periodo massimo di riscatto è di cinque anni, anche non continuativi, collocati (nell’arco dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2023) tra l’anno del primo e l’anno dell’ultimo contributo già accreditati (figurativo, obbligatorio, riscatto). Nel calcolo del limite non si considerano eventuali periodi già richiesti a riscatto con la precedente edizione della pace contributiva. Pertanto, chi non ha aderito alla precedente facoltà operativa nel triennio 2019/2021 può fruire del nuovo riscatto nel limite di cinque anni, cumulabili con i buchi già riscattati; chi ha già riscattato buchi in virtù della prima edizione può fare una nuova domanda fino a cinque anni.?
Guida alla scelta del periodo
Il periodo che può essere oggetto di riscatto deve essere compreso tra l’anno del primo e l’anno dell’ultimo contributo accreditato a qualsiasi titolo (obbligatorio, figurativo, da riscatto) nelle forme assicurative dell’Inps per le quali è possibile il riscatto (dipendenti, autonomi, gestione separata). Ne consegue che il periodo oggetto di riscatto, o parte di esso, può essere anche anteriore alla data del primo contributo accreditato o successivo a quella dell’ultimo, purché riferito allo stesso anno di accredito iniziale o finale (nonché compreso nell’intervallo dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2023).
Per individuare il primo e l’ultimo contributo si devono prendere a riferimento soltanto le gestioni previdenziali previste dalla disciplina della pace contributiva, cioè Ago e le sue forme sostitutive ed esclusive, nonché le gestioni speciali dei lavoratori autonomi e la gestione separata.
Attenzione: in tal caso, sono escluse le casse per i liberi professionisti, gli ordinamenti previdenziali di stati esteri o i fondi di previdenza dell’Unione europea (ricompresi, invece, ai fini del diritto di accesso al riscatto). Inoltre, non è necessario che il primo e l’ultimo contributo, da prendere a riferimento per la collocazione del periodo da riscattare, siano versati o accreditati nella stessa gestione in cui si intenda esercitare il riscatto. Pertanto, qualora l’interessato, all’atto della domanda di riscatto, risulti titolare di posizione assicurativa in più regimi previdenziali, ha facoltà di esercitarlo in uno qualsiasi.
Soltanto periodi vuoti da contribuzione
Il periodo che può essere oggetto di riscatto non deve risultar già coperto da contributi di ogni tipo: obbligatori, figurativi, volontari o da riscatto. Non solo presso il fondo cui è presentata la domanda di riscatto, ma anche in qualsiasi altra forma di previdenza obbligatoria (comprese le casse dei professionisti e il regime previdenziale dell’unione europea ovvero i singoli regimi degli stati membri o di altri paesi convenzionati).
Facoltà aperta ai “superstiti”
Il riscatto dei buchi contributivi può essere richiesto anche dal superstite di lavoratore passato a miglior vita, al fine di incrementare la posizione contributiva del familiare (dante causa) e così ottenere la liquidazione della pensione indiretta. In tal caso, le condizioni per l’accesso al riscatto vanno verificate in relazione alla situazione del dante causa. A titolo esemplificativo, l’Inps ha chiarito quanto segue:
- la titolarità di pensione diretta preclude all’interessato di chiedere il riscatto sulla propria posizione, ma non preclude di chiedere il riscatto in qualità di superstite per incrementare i contributi del familiare (dante causa) allo scopo di ottenere la pensione indiretta;
- la titolarità di pensione ai superstiti, indiretta o di reversibilità, preclude all’interessato di chiedere il riscatto sulla posizione del familiare (dante causa), ma non preclude di chiederla sulla propria posizione (ovviamente qualora non sia già titolare anche di pensione diretta).
Daniele Cirioli, ItaliaOggi