L’eliminazione delle certificazioni uniche per i lavoratori autonomi forfettari manda in tilt accertamenti ed il progetto “precompilata” per i contribuenti a forfait. Senza le certificazioni uniche infatti l’amministrazione finanziaria non ha più a disposizione l’ammontare dei compensi annui percepiti dai forfettari, dato che non si può ricavare attraverso la fatturazione elettronica, strumento applicato per obbligo dallo scorso 1 gennaio a tutti i contribuenti con il regime agevolato, e da cui l’agenzia delle entrate può ottenere il “volume d’affari” ma non il dato necessario per determinare il reddito imponibile. Va specificato che i compensi percepiti e quindi il reddito imponibile sono dati indispensabili sia per emettere le lettere di compliance per segnalare eventuali compensi non dichiarati dai forfettari, sia per sviluppare il progetto di fornire una dichiarazione precompilata anche a queste platea di contribuenti così come è intenzione del legislatore e dell’Agenzia delle entrate. Queste sono alcune delle considerazioni che emergono dalla lettura dell’articolo 3 del dlgs 1/2024 sulla razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributati.
E’ opportuno preliminarmente evidenziare che il citato articolo 3 ha modificato l’articolo 4 del dpr 322/1998, che disciplina gli obblighi di certificazione da parte dei sostituti di imposta, inserendo il comma 6-septies secondo cui, a decorrere dall’anno d’imposta 2024, i soggetti vincolati ad operare ritenute alla fonte e che corrispondono compensi, comunque denominati, ai contribuenti che applicano il regime forfettario (ex art. 1 commi da 54 a 89 della legge 190/2014) sono esonerati dall’impegno di predisposizione, consegna al fornitore e trasmissione all’agenzia delle entrate, della certificazione unica per i compensi ad essi corrisposti.
Come indicato nella relazione illustrativa allegata al decreto legislativo, l’esonero trova ragione nella circostanza che, a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2024, tutti i soggetti che aderiscono al regime forfettario sono tenuti ad assolvere gli obblighi di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati, così come previsto dall’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
Dalla fatturazione elettronica però non è possibile (sempre) ricavare le informazioni reddituali dei contribuenti poiché nella pratica sono molteplici i casi di non allineamento all’interno delle stessa annualità tra emissione del documento fiscale, la fatture, da parte dei forfettari ed il pagamento della stesse da parte dei contribuenti.
Caso classico sono le fatture emesse a fine anno e pagate nell’annualità successiva (e tassate per cassa in quest’ultima annualità e non in quella di emissione) ma sono comuni i casi di emissione dei documenti fiscali (ora elettronici per i forfettari) pagati in una annualità successive oppure pagati parzialmente nell’annualità di emissione e parzialmente in uno o più annualità successiva.
Dunque, essendo il momento del pagamento quello che rileva ai fini dell’identificazione del reddito da tassare, senza le certificazioni uniche l’agenzia delle entrate non è più in grado di emettere compliance reddituali che siano effettivamente precise. Stessa sorte toccherà anche al progetto precompilata poiché l’agenzia delle entrate sarà in grado di inserire in una ipotetica dichiarazione automatizzata per i forfettari il dato del loro fatturato attuale e non quello corretto dei compensi effettivamente percepiti e comunicati da ogni sostituto d’imposta.
Giuliano Mandolesi, ItaliaOggi