Atti accertativi adeguatamente motivati, indicanti i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Questa è la sostanza che tutti i provvedimenti tributari dovranno riportare al loro interno, al fine di dare concreta attuazione al principio del contraddittorio, dopo la modifica apportata all’art. 7 dello Statuto dei diritti dei contribuenti, dal decreto legislativo n. 219/2023 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 dicembre 2023.
Se con le previsioni inserite nella lett. e), co. 1, art. 1 del prefato decreto è stato finalmente introdotto nel nostro ordinamento tributario il principio del diritto al contraddittorio che, in recepimento della legge delega, rappresenterà finalmente un principio generale, senza distinzione tra tributi armonizzati e non, a pena di nullità degli atti (divenuta poi annullabilità in sede di decreto delegato), è con la successiva lettera f) che si rinviene la vera e propria sintesi dello stesso, ossia l’adeguata motivazione della pretesa impositiva.
Dunque, dispone ora la norma al primo capoverso del primo comma che gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono motivati, a pena di annullabilità, indicando specificamente i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione.
Tale modifica ci permette di effettuare alcune considerazioni assai positive, attraverso la lettura del combinato disposto di cui al comma 5-bis, articolo 7, del decreto legislativo 546/1992, siccome introdotto nel processo tributario dalla legge 130/2022.
Invero, dal settembre 2022, l’onere della prova, si badi bene, la cui attuazione veniva sempre richiamata per il tramite della disposizione di cui all’art. 2697 del codice civile, nonostante abbia sempre rappresentato un principio cardine, ha fatto finalmente capolino nel processo tributario attraverso una specifica ed apposita norma; tuttavia, proprio la collocazione all’interno del processo tributario aveva sollevato alcune critiche, posto che rischiava di limitarne l’applicazione ai soli atti impugnati, ancorché la stessa avesse una chiara visione retrospettica, ponendo l’obbligo in capo all’amministrazione finanziaria di dover fondare l’atto (poi impugnato dal contribuente) su prove concrete da raccogliersi in sede istruttoria.
Con la novella in commento, si crea ora un legame ancora più forte, poiché la collocazione in una legge di più ampia portata, abbraccia tutta la fase amministrativa, la quale si rafforza ancor di più poi in ambito processuale.
Viene sacralizzato il ruolo delle parti, siccome avrebbe sempre dovuto essere: amministrazione finanziaria nelle vesti di attrice sostanziale, la quale deve reperire le prove concrete a fondare giuridicamente poi la pretesa; il contribuente nel ruolo, invece, di convenuto, che deve poter argomentare (rectius: confutare) quanto ab origine sostenuto dall’attore. Il tutto, certamente, prima che sia stato dato impulso al processo e, dunque, in sede istruttoria. Le parti si invertono, ovviamente, laddove si parli non di accertamento, bensì di richiesta di rimborso.
La lettura del combinato disposto delle due norme apre allora un nuovo capitolo nei rapporti tra amministrazione e contribuenti; esso, con l’elevazione dei principi sopra esposti, ritorna allo stato in cui avrebbe sempre dovuto essere.
E quindi, ci si aspetta che nella motivazione degli atti, i presupposti di fatto siano effettivamente rappresentati dagli elementi costitutivi che comportano l’adozione degli stessi, che i mezzi di prova non potranno più essere rappresentati da mere congetture od ipotesi, bensì da elementi chiari, precisi e concordanti, che le ragioni giuridiche rappresentino l’effettivo tracciato seguito dall’amministrazione, giustificativo dell’adozione dell’atto, anche sul piano normativo.
Valutazioni queste che dovranno poi passare al vaglio dei giudici di merito, che saranno chiamati ad annullare gli atti impugnati, appunto, se la prova della loro fondatezza mancherà o sarà contraddittoria o se sarà comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziale e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fonderanno la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.
La strada tracciata pare quella corretta e l’auspicio è che il cambiamento non abbia sembianze gattopardiane.
ItaliaOggi