Per chi soffre di epilessia, fare yoga, oltre che ridurre la frequenza delle crisi e l’ansia, può aiutare ad alleviare il peso sociale dovuto alla malattia. È quanto emerge da una nuova ricerca pubblicata nel numero online di Neurology, la rivista medica dell’American Academy of Neurology. “Le persone affette da epilessia devono spesso affrontare una macchia sociale che può far sì che si sentano diverse dagli altri e che può avere un impatto significativo sulla loro qualità di vita”, ha dichiarato Manjari Tripathi, dell’All India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi e autore dello studio. “Questa percezione può influenzare la vita di una persona in molti modi, tra cui le cure, le visite al pronto soccorso e la scarsa salute mentale”, ha continuato Tripathi. “Il nostro studio ha dimostrato che fare yoga può attenuare il peso di cui chi è affetto da epilessia si fa carico e migliorare la qualità di vita complessiva”, ha aggiunto Tripathi. Per lo studio, i ricercatori hanno preso in considerazione persone affette da epilessia con un’età media di 30 anni, in India: hanno misurato la portata della stigmatizzazione sociale in base alle risposte dei partecipanti a domande come: “Senti che le altre persone ti discriminano?” “Senti di non poter contribuire in alcun modo alla società?” e “Ti senti diverso dalle altre persone?”. Gli scienziati hanno, quindi, identificato 160 persone che rispondevano ai criteri di stigmatizzazione. I partecipanti avevano in media una crisi epilettica alla settimana e assumevano in media almeno due farmaci antiepilettici.I ricercatori hanno poi assegnato in modo casuale gruppi di persone che hanno ricevuto la terapia yoga o la terapia yoga sham. La terapia yoga comprendeva esercizi per sciogliere i muscoli, respirazione, meditazione e affermazioni positive. Lo sham yoga consisteva in esercizi che imitavano gli stessi esercizi di yoga, ma ai partecipanti non venivano fornite istruzioni su due componenti chiave dello yoga che si ritiene inducano una risposta di rilassamento: la respirazione lenta e sincronizzata e l’attenzione ai movimenti e alle sensazioni del corpo durante la pratica. Ogni gruppo ha partecipato a sette sessioni supervisionate di 45-60 minuti, nell’arco di tre mesi. A coloro che hanno preso parte allo studio è stato anche chiesto di praticare le sessioni a casa almeno cinque volte alla settimana per 30 minuti. I pazienti hanno tenuto traccia delle crisi e delle sessioni di yoga in un diario. Dopo i tre mesi di terapia, i partecipanti sono stati seguiti per altri tre mesi. I ricercatori hanno scoperto che, rispetto al gruppo che ha praticato lo sham yoga, chi ha svolto lo yoga aveva maggiori probabilità di ridurre lo stigma sociale, percepito a causa della malattia. Gli individui che hanno praticato lo yoga avevano un punteggio medio di sette all’inizio dello studio e un punteggio medio di quattro alla fine dello stesso, mentre le persone che hanno praticato lo sham yoga sono passate da un punteggio medio di sei all’inizio dello studio a un punteggio medio di sette alla fine. I ricercatori hanno anche scoperto che i partecipanti che hanno praticato lo yoga avevano una probabilità più che quadrupla di avere una riduzione di oltre il 50% della frequenza delle crisi dopo sei mesi, rispetto alle persone che hanno praticato lo sham yoga. Inoltre, le chi ha praticato lo yoga ha mostrato di avere più di sette volte la probabilità di non avere più crisi epilettiche rispetto a chi ha praticato lo sham yoga. Si è registrata anche una diminuzione significativa dei sintomi dell’ansia nelle persone che hanno praticato lo yoga rispetto a quelle che non lo hanno fatto. Sono stati riscontrati miglioramenti nelle misure di qualità della vita e nella mindfulness. “I risultati di questo studio sottolineano la necessità di prendere in considerazione terapie e attività alternative per le persone affette da epilessia che devono affrontare lo stigma – ha dichiarato Tripathi – lo yoga può non solo aiutare a ridurre lo stigma, ma anche a migliorare la qualità della vita e la consapevolezza; inoltre, può essere facilmente preregistrato e condiviso con i pazienti online utilizzando risorse e costi minimi”.