(di Tiziano Rapanà) La retorica domina anche le pagine più vaccinate al morbo dell’attualità. E la colpa è sempre dell’articolista che vuole dire la sua, mettere il cappello sulla sua visione e non tanto per potersi dire che la pensata è la sua e l’ha scritta lui. Magari fosse così. Il problema è un altro: il tipino è in cerca di applausi, di consenso dal suo demi-monde di riferimento, aspettando voglioso il peggiore complimento che ti possano fare (“Hai detto la stessa cosa che pensavo anch’io!”, e la stucchevolezza la vedi sempre dall’abuso del punto esclamativo). E come la si taglia la testa al toro, come si salva l’insalvabile? Togliendo tutto, occhiello e sommario e articolo compreso. Un titolone basta e avanza e non perdiamo altro tempo. Così arriva ZAF, di Riccardo Ruggeri, autodefinitosi “quotidiano apòta” e nemico di ogni propensione al dispotismo (almeno questo appare a me). Un titolone grosso nell’unica pagina online fa da corpo dell’intero giornale. Su quella frasetta ci si può ragionare un giorno, senza avere l’ambizione di volersi illuminare d’immenso. Ed è impossibile cercare l’immenso nella sozzura quotidiana fatta di costante crudeltà. Dunque largo alla fantasia che riflette sull’oggi: “La guerra è pigrizia”, “Le pale eoliche hanno avuto un ictus?”, eccoli i titoli che scompaginano e scombinano un’idea normale di fare i giornali. Riccardo Ruggeri è sempre avanti a tutti, più giovane dei trentenni che scalpitano per ridursi a immagine monodimensionale sui profili TikTok e nelle ormai sbiadite televisioni. Adesso sappiamo come proteggerci dal male prodotto dagli pseudo intellettuali da banco: ZAF e passa la paura.