Ottime notizie per chi è vicino alla pensione. Per altri due anni, 2025 e 2026, non ci sarà alcun aumento dell’età di pensionamento. Per la terza volta consecutiva, infatti, la “speranza di vita” è negativa e, quindi, non punisce i lavoratori allontanando il momento d’incrociare le braccia. A stabilirlo è il dm 18 luglio 2023 pubblicato in G.u. n. 243/2023. Dopo cinque anni di continuo aumento dell’età di pensione (in totale 11 mesi: 2 dal 2013, 4 dal 2016 e 5 dal 2019), prosegue la tregua portando a otto gli anni (2019-2026) durante i quali ne bastano 67 per la pensione di vecchiaia. La notizia è buona soprattutto per chi spegnerà 67 candeline tra il 2025 e il 2026: non dovrà lavorare “qualche mese in più” per avere la pensione, come simulato nel passato in base a un andamento della speranza di vita che, in realtà, non si è verificato. Anzi, è successo il contrario: in sei anni, dal 2021 al 2026, è calata di 4 mesi (cioè, si vive meno!). Ma le variazioni negative, dice la legge, non modificano l’età di pensione, lasciandola solo invariata (per la massaia dovrebbe ridursi).
La speranza di vita. Un tempo l’età per la pensione era fissata per legge ed era modificabile solo con un’altra legge. Oggi no, vige una regola che, senza alcuna norma, incrementa in automatico l’età per l’accesso a tutte le pensioni: è la speranza di vita. Un un indice statistico, fissato dall’Istat, che misura la probabilità di vita: se sale (la vita si allunga) si elevano anche tutte le età per le pensioni.
Nessun aumento dal 2025. Da quando è vigente tale automatismo sono stati cinque gli appuntamenti. I primi tre positivi, gli ultimi due senza variazioni, perché la speranza di vita è stata invariata o negativa: a gennaio 2021 (0 mesi) e a gennaio 2023 (— 3 mesi). Il prossimo è per gennaio 2025 e anche qui il decreto 18 luglio 2023 conferma i requisiti per le pensioni, perché la speranza di vita è risultata ancora negativa (— 1 mese).
Pensione di vecchiaia. L’età per la pensione di vecchiaia resta a 67 anni fino al 31 dicembre 2026. I lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 ottengono la pensione di vecchiaia con almeno 5 anni di contributi effettivi a 71 anni. Prima è possibile a 67 anni, con 20 anni di contributi e la maturazione di una pensione pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale (cioè circa 755 euro). Quest’ultimo requisito, che spesso obbliga a lavorare fino a 71 anni, verrà abrogato dalla manovra.
Daniele Cirioli, ItaliaOggi