La consanguineità può aumentare il rischio di malattie comuni come il diabete di tipo 2 e il disturbo da stress post-traumatico. Lo rivela lo studio condotto dai ricercatori del Wellcome Sanger Institute e i loro collaboratori della Queen Mary University di Londra, pubblicata su Cell. Gli scienziati hanno analizzato i dati genomici di gruppi diversi per studiare la relazione tra l’autozigosi, una misura della parentela genetica tra i genitori di un individuo, e la prevalenza di malattie comuni, con un metodo innovativo che riduce l’approssimazione dovuta a fattori socioculturali. L’analisi si è concentrata sulla coorte Genes & Health, composta da individui britannici di origine pakistana e bangladese, nonché da individui di origine europea e dell’Asia meridionale provenienti dalla UK Biobank. Il Genes & Health Community Advisory Board ha collaborato con i ricercatori per produrre un documento accessibile al pubblico, rivolto ai non addetti ai lavori, che spiega le motivazioni, la metodologia e i risultati dello studio. I risultati contribuiscono a far luce sulla complessa interazione tra genetica e stato di salute, soprattutto tra le popolazioni con tassi di consanguineità più elevati. Per consanguineità si intende la pratica sociale e culturale che vede il matrimonio tra due individui consanguinei che condividono un antenato comune recente, ad esempio un nonno o un bisnonno. Questa prassi viene osservata in tutto il mondo con una prevalenza variabile. Oltre il 10% della popolazione mondiale è costituito da individui che sono figli di cugini di secondo grado o più prossimi.Nel Regno Unito, la consanguineità è più comune tra alcune comunità britanniche originarie dell’Asia meridionale. La consanguineità aumenta la frazione del genoma di un individuo che viene ereditata in modo identico da entrambi i genitori, un fenomeno definito autozigosi. Sebbene sia assodato che la consanguineità favorisca il rischio di disturbi rari a singolo gene, allargando il campo delle possibilità di ereditare la stessa rara modifica del DNA in un gene recessivo che causa la malattia, il suo impatto sulle malattie comuni rimane ad oggi poco studiato. I pakistani e i bangladesi britannici presentano tassi più elevati di diverse malattie rispetto alla media del Regno Unito; ad esempio, fra queste comunità è stato registrato un rischio da quattro a sei volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2, rispetto agli individui di ascendenza europea. Tuttavia, queste patologie implicano una complessa interazione di fattori genetici e ambientali e, prima di questo studio, non si sapeva se la consanguineità giocasse un ruolo nella loro insorgenza. In questo studio, i ricercatori hanno cercato di valutare l’impatto della consanguineità sulle malattie genetiche complesse. Le squadre di ricerca hanno analizzato i dati genomici per descrivere i diversi modelli di consanguineità in popolazioni distinte, tra cui 23.978 individui britannici di origine pakistana e bangladese della Genes & Health e 397.184 individui di origine europea o sud-asiatica della UK Biobank. Gli scienziati hanno scoperto che circa il 33% degli individui di Genes & Health erano figli di cugini di secondo grado o più prossimi, contro il 2% degli individui di origine europea della UK Biobank; poi, hanno analizzato la relazione tra l’autozigosi e la prevalenza di malattie comuni. A tal fine, hanno limitato la loro analisi a un insieme di circa 5700 individui presenti in Genes & Health e UK Biobank con genitori che, sulla base dei dati genetici, si deduceva fossero cugini di primo grado. All’interno di questo gruppo ristretto con un alto tasso di consanguineità, la distribuzione del livello preciso di autozigosi è risultata casuale, tra il 4 e il 15%, e i ricercatori hanno dimostrato che non vi sono correlazioni con fattori socioculturali e ambientali, come la religiosità, l’istruzione o la dieta, che potrebbero a loro volta influenzare la salute. Questo metodo innovativo ha contribuito a garantire che qualsiasi legame osservato tra autozigosi e malattie fosse di origine biologica, piuttosto che dovuto a mescolanze. Tra le 61 malattie genetiche complesse esaminate in Genes & Health e UK Biobank, i ricercatori hanno identificato 12 malattie e disturbi associati a una maggiore autozigosi, derivante dalla consanguineità. Tra queste, il diabete di tipo 2, l’asma e il PTSD. Le associazioni con il diabete di tipo 2 e il PTSD sono state poi convalidate in un set di dati separato dell’azienda di genetica dei consumatori, 23andMe Inc., utilizzando una tecnica di analisi tra fratelli. L’analisi ha suggerito che la consanguineità può essere responsabile di circa il 10% dei casi di diabete di tipo 2 tra i pakistani britannici e di circa il 3% dei casi tra i britannici del Bangladesh. Tuttavia, gli eventuali rischi per la salute derivanti dalla consanguineità dovrebbero essere bilanciati con i benefici sociali di questa pratica e considerati insieme ad altri fattori di rischio modificabili, come l’esercizio fisico, il fumo e l’indice di massa corporea. La ricerca rivela importanti intuizioni sui fattori che condizionano lo stato di salute e sulle associazioni tra autozigosi e malattie complesse nelle comunità pakistane e bangladesi britanniche. Lo studio suggerisce che le ricerche genetiche sulle malattie complesse dovrebbero essere ampliate per individuare varianti specifiche e geni con effetti recessivi. “Sebbene la consanguineità abbia un ruolo minore nelle malattie comuni rispetto ad altri fattori, è comunque essenziale capire la sua influenza specifica sulla salute in queste comunità – ha detto Daniel Malawsky, primo autore dello studio e dottorando presso il Wellcome Sanger Institute -. Il nostro nuovo metodo che esplora la variazione naturale dell’autozigosi prevista tra i figli di cugini di primo grado è stato un passo avanti fondamentale per aiutarci a verificarne l’impatto”, ha proseguito Malawsky. ”Questo lavoro sottolinea l’importanza di approcci culturalmente sensibili nella ricerca sanitaria, riconoscendo il delicato equilibrio tra benefici sociali e potenziali rischi”, ha dichiarato Ahsan Khan, presidente del comitato consultivo comunitario Genes & Health e consigliere comunale di Waltham Forest. “Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza le molte migliaia di volontari che hanno generosamente accettato di partecipare allo studio Genes & Health e alla UK Biobank”, ha sottolineato Sarah Finer, autrice dello studio e co-conduttrice del programma di ricerca Genes & Health della Queen Mary University. “I risultati hanno il potenziale per informare la previsione del rischio di malattie e per incoraggiare futuri sforzi di ricerca per identificare specifiche varianti genetiche associate a queste malattie, non solo all’interno delle specifiche comunità ma, anche a livello globale, in particolare tra le popolazioni in cui i tassi di consanguineità sono più elevati – ha affermato Hilary Martin, autrice senior e ricercatrice del Wellcome Sanger Institute -. Questo potrebbe essere utilizzato per aiutare a stratificare gli individui per uno screening più precoce e identificare potenziali bersagli farmacologici”.