Lo storico marchio bolognese di lingerie di lusso e la proprietà del fondo olandese Tennor: l’allarme dei sindacati e della politica
Il messaggio su Whastapp e via mail ai 350 dipendenti (in maggioranza donne) de La Perla arriva alle 18.30, a fine giornata lavorativa: gli stipendi saranno pagati in ritardo. In ritardo di quanto non è dato sapere, mentre sui tavoli delle famiglie piovono mutui, scadenze e progetti in fumo. Una chiarimento dalla proprietà non arriva nemmeno su sollecitazione dei sindacati che oggi — per l’ennesima volta, dall’inizio della crisi dell’azienda — scendono sul piede di guerra.
Il messaggio ai dipendenti de La Perla: «Stipendi in ritardo»
È un atto di una «gravità inaudita» , scrivono le sigle Filctem-Cgil e Uiltec-Uil, e dimostra «se ce ne fosse ancora bisogno, di quale tipo di impegno imprenditoriale è vittima il Gruppo La Perla, una delle poche aziende della lingerie di lusso del nostro Made in Italy». Un gruppo che, da quando è finito sotto l’ala del Fondo olandese Tennor, con sede a Londra,e controllato dal finanziere tedesco Lars Windhorst sta subendo una lenta agonia. Tanto che le lavoratrici lasciate senza paga erano in solidarietà con salari e orari di lavoro ridotti dall’anno scorso.
I sindacati chiedono un intervento del governo
Ora le sigle sindacali si appellano al governo e chiedono con urgenza l’apertura di un tavolo ministeriale, già sollecitato in passato (da sindacati, Regione e Città Metropolitana) e mai convocato. A sostenerli c’è anche la Regione che, all’inizio dello scorso maggio, era riuscita a strappare a Windhorst la promessa di finanziare con 60-70 milioni l’avvio di un piano industriale di rilancio. Promessa ovviamente mai mantenuta. «È un comportamento contrario anche a ogni spirito imprenditoriale — non si dà pace Stefania Pisani della Filctem — Perché non esiste un problema di ordinativi. Questa è un’azienda che potrebbe autofinanziarsi: quando viene consentita la produzione, i prodotti vendono subito. È un’eccellenza del Made in Italy, ceduta però a un fondo straniero e a cui viene impedito di lavorare. O si finanzia la produzione o tanto varrebbe venderla».
L’azienda di lingerie di lusso e la crisi
Il valore aggiunto de La Perla tra le altre cose è costituito proprio dalle maestranze, «che sono altamente qualificate», insiste la sindacalista, «e che rischiamo di perdere. La proprietà sembra disprezzarle. Le più alte istituzioni a loro volta si riempiono la bocca del valore del Made in Italy poi non fanno nulla per salvaguardarlo». In dieci anni il numero dei dipendenti si è pure già dimezzato.
Bonaccini: «Palese violazione dei diritti dei lavoratori»
La sospensione degli stipendi, intanto, è giudicata «inaccettabile» anche dal governatore Stefano Bonaccini, e dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla. «Questa decisione — ribadiscono — è una palese violazione degli impegni assunti». «Già all’inizio di luglio — ricordano poi Bonaccini e Colla nell’incalzare Roma — avevamo scritto al ministero (insieme alla Città Metropolitana ndr)per chiedere di convocare un incontro urgente con la proprietà, le istituzioni e le organizzazioni sindacali Perché è indispensabile trovare soluzioni che salvino il sito produttivo, il valore del marchio “La Perla” e i posti di lavoro. Non siamo ancora stati convocati dal ministero, e siamo stupiti da questa mancanza di attenzione da parte del governo».
Il sindaco di Bologna: «Proprietà inaffidabile»
Dello stesso tono l’intervento del sindaco della Città Metropolitana Matteo Lepore: « È l’ennesima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’inaffidabilità della proprietà della storica azienda bolognese. Mancano ad oggi un piano industriale e una strategia imprenditoriale. Manca soprattutto la consapevolezza del danno irreversibile che una gestione aziendale dissennata rischia di produrre a un marchio che finora ha mostrato di mantenere la credibilità costruita nel tempo. Sono in ballo 350 posti di lavoro e un’esperienza imprenditoriale di prestigio. Nessuno pensi di potere giocare con le vite di queste lavoratrici — ammonisce infine — e con la serietà del sistema di relazioni istituzionali e industriali del nostro territorio». All’appello al ministero si aggiunge anche il deputato Pd Andrea de Maria, mentre in un post sul suo profilo Facebook si infuria il consigliere regionale Pd Stefano Caliandro, già autore di una interrogazione sulla crisi dell’azienda e parla di «ennesima provocazione» della proprietà.
di Luciana Cavina, Corriere della Sera