Da una ricerca del Centro Studi Uilca Orietta Guerra, che ha esaminato le dichiarazioni consolidate non finanziarie del 2022 dei principali istituti di credito italiani, è emerso che poche donne al comando negli istituti di credito italiani e con un livello retributivo inferiore a quello degli uomini.
In Italia nel settore bancario il gender pay gap registra uno scarto del 23,7%, quasi cinque volte superiore la media nazionale del 4,7%. In Europa non è diverso; i dati Eurostat del 2021 fotografano un Vecchio Continente in cui il gender pay gap nel settore finanziario è ancora elevato: 31% in Francia; 23,3% in Germania; 13,8% in Spagna. Un divario che si manifesta maggiormente per dirigenti e quadri direttivi, con un gap salariale medio compreso tra il 10% e il 30%.
Nel 2022 la presenza femminile nei ruoli dirigenziali e direttivi del settore è molto inferiore rispetto a quella maschile: 79,4% degli uomini contro il 20,6% delle donne. Anche per la figura dei quadri direttivi le percentuali non cambiano di molto: 64,4% degli uomini contro il 35,6% delle donne.
Riguardo il lavoro part-time viene usato maggiormente dalle donne per conciliare il lavoro con la famiglia. Infatti, è utilizzato dal 12,3% del totale del personale, composto per l’1,1% da uomini e per l’11,2% (pari al 91,1%) da donne. A fare ricorso al part-time è il 21,8% delle donne e solo il 2,2% degli uomini. Il più delle volte la decisione è motivata da esigenze familiari, quali la cura dei figli o degli anziani. Poche volte si tratta di una libera scelta.
“Con previsioni demografiche che prefigurano un aumento dell’età media della popolazione, una conseguente necessità di maggiori spese sanitarie e previdenziali e una riduzione di pensioni e servizi pubblici, a pagarne il prezzo più alto rischiano di essere le donne. Diventa importante, allora creare le condizioni per una loro più ampia partecipazione al mercato del lavoro, che permetterebbe anche una maggiore crescita del Pil e della ricchezza del Paese“, sottolinea il Centro Studi Uilca.