Il decalage del 110% penalizza il Sismabonus. Restano solo 5 mesi di tempo per accedere all’agevolazione nella misura dell’85% per i lavori di riduzione del rischio sismico: a meno di modifiche che rendano le norme più coerenti, dal 2024 il contribuente dovrà applicare l’aliquota Superbonus, che però nel 2024 non sarà più “maxi” (110%), ma ridotta al 70%. La circolare n. 17 del 26 giugno 2023 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce infatti che in vigenza di Superbonus non è possibile optare per le aliquote differenti previste per i bonus edilizi in versione ordinaria. Un chiarimento che ha l’effetto paradossale di escludere per il 2024 l’accesso al Sismabonus all’85%, dato il decalage del Superbonus al 70% per l’anno a venire.
Il Sismabonus è una detrazione disciplinata dal dl 63/2013, che ne fissa l’aliquota in base al tipo di risultato raggiunto. L’agevolazione è cioè al 70% (75% per i condomini) se i lavori consentono il salto a una classe di rischio inferiore, sale all’80% (85% per i condomini) se detto salto di classe è doppio (art. 16, co. da 1 bis a 1 septies). Tuttavia, l’avvento del Superbonus ha modificato la generalità dei bonus edilizi, Sismabonus compreso, maggiorandone la percentuale di detrazione al 110% (dl 34/2020, art. 119). Per opera dell’art. 119, dunque, l’aliquota al 110% va a sostituirsi a tutte quelle inferiori prima previste per i bonus edilizi nella loro versione “ordinaria”, cioè non maggiorata dal Superbonus. La conseguenza è che il contribuente non può preferire i bonus ordinari a quelli “super”, almeno fino a quando la versione “super” è ancora in vigore.
Tale conclusione non deriva solo dalla logica, ma è un punto ormai fissato dalle Entrate con la recente circolare 17, che conferma l’orientamento già reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici con parere 1156 del 2 febbraio 2021. Nella sezione sul Sismabonus, l’Ade ribadisce infatti che la sostituzione delle aliquote standard dei bonus con quella maggiorata al 110% rende impossibile scegliere tra le percentuali, specificando che “per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 per gli interventi di riduzione del rischio sismico effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, su edifici residenziali, o su edifici non residenziali che al termine dei lavori diventino a destinazione residenziale, si applica la disciplina del Superbonus non sussistendo la possibilità per il contribuente di scegliere quale agevolazione applicare”.
Stando così le cose, si genera un cortocircuito: il Super-sismabonus è passato dal 110% al 90% dal 2023, come disposto dal dl aiuti 4 (dl 176/2022), che ne impone un ulteriore decalage al 70% per le spese sostenute nel 2024 e al 65% nel 2025. Oggi, dunque, se le spese per i lavori antisismici sono sostenute dai soggetti elencati e vengono realizzati su immobili ammessi al Sismabonus, tali soggetti usufruiscono del 90%, non potendo scegliere di applicare le percentuali ordinarie (inferiori) previste dai commi da 1 bis a 1 septies dell’art. 16. Ma dal 1° gennaio 2024, questa automatica applicazione dell’aliquota Superbonus al posto di quelle ordinarie potrebbe diventare deleteria per il contribuente, che si vedrebbe costretto ad applicare il 70% al posto delle più generose aliquote ordinarie. C’è tempo dunque ancora per soli 5 mesi per usufruire del 90%, anche se un provvedimento così antilogico lascia pensare che potrebbe arrivare un intervento correttivo.
Ci si trova, infatti, di fronte a un dedalo di norme mal stratificate, nate per garantire ai cittadini l’accesso alle versioni “super” dei bonus (almeno nel loro periodo di vigenza), ma che dal 2024 rischiano invece di azzoppare i bonus ordinari in nome di una versione non più così “super” degli stessi.
Cristian Angeli, ItaliaOggi