Spostare la data di inizio dei saldi estivi, prevista per il prossimo 6 luglio, al 21 luglio 2023, in considerazione delle avverse condizioni meteo degli ultimi mesi.
A chiederlo è Fismo, la Federazione dei negozi di moda Confesercenti, in una lettera indirizzata a Massimiliano Fedriga, Presidente della Conferenza Stato-Regioni.
“Aprile e maggio – scrivono i commercianti – sono stati caratterizzati dal maltempo e da temperature sotto la media del decennio, e lo stesso giugno è stato finora dominato da piogge e temperature instabili. Un quadro sfavorevole, che ha inciso sul ciclo primaverile delle vendite nel comparto. In questa situazione, l’avvio dei saldi rischia di seguire di pochissimo o addirittura di precedere l’inizio dell’estate meteorologica, costringendo di fatto i negozi a mettere ‘in saldo’ l’intero magazzino estivo senza avere avuto la possibilità di vendere al prezzo normale”.
“L’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni della data unica di avvio dei saldi estivi per tutto il territorio nazionale, per il prossimo 6 luglio 2023, è un risultato importante. Ma la data va posticipata al 21 luglio, per compensare l’incertezza meteo che ha ‘rallentato’ il ciclo delle stagioni e la vendita di capi estivi. Un avvio troppo anticipato dei saldi ci costringerebbe, di fatto, a svendere prima di vendere”, spiega Benny Campobasso, nella foto, Presidente di Fismo Confesercenti.
“In generale, i saldi di fine stagione dovrebbero veramente iniziare a fine stagione. È una battaglia che portiamo avanti da anni. Ora occorre continuare a lavorare affinché i saldi tornino ad essere vendite di fine stagione e per un divieto serio di vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti. Alcuni hanno già messo dei capi in promozione. Una concorrenza più che sleale, che non possiamo più tollerare: bisogna fermarla”.
“Dobbiamo sostenere un comparto che ancora non si è ripreso. Dopo la pandemia c’è stata un’immediata ripartenza, ma già nel 2022 la spesa degli italiani in moda è tornata a scendere. Si è assestata sui 29,8 miliardi, quasi 900 milioni di euro meno dell’anno precedente, e ancora 5,3 miliardi di euro sotto i valori del 2019. Dobbiamo mettere i piccoli negozi nelle condizioni di sopravvivere, nonostante gli aumenti di utenze e costo del personale. Se non si invertirà questa rotta non si riusciranno a scongiurare ulteriori chiusure nel nostro comparto: negozi che sono diminuiti di oltre ottomila unità, negli ultimi quattro anni. È una prospettiva intollerabile, in quanto il settore moda rappresenta, da sempre, una delle maggiori espressioni del Made in Italy”.