Troppa calda, non fa bene a nessuno, men che meno alla platea degli utenti, messi sempre più con le spalle al muro da una sanità che non risolve i loro problemi. Sembra che tutte (o quasi) le direzioni generali aspettino che arrivi un Godot (che non arriverà mai) a togliere loro le castagne dal fuoco, a mettere ordine, a “fare”. La Cgil fa il suo mestiere denunciando le cose che non vanno, ma i dg quelle cose le hanno ben chiare, solo che non sanno che fare. Pochi sanno come muoversi, conoscono i territori, gli uomini, hanno delle idee e dei progetti. Gli altri vanno al traino, con sufficienza e magari anche con scarsa convinzione. Ma pensiamo davvero che in alcune Asl, in alcuni ospedali non si possa “comandare”, imporre cambiamenti, scuotere l’ambiente, premiare, punire, avvicendare per arrivare alla soluzione dei problemi? Si può, anzi si potrebbe, provate a passare qualche mese in una direzione generale per scoprire come la burocrazia sanitaria sommata ai diktat e ai paletti della politica e dei sindacati sia in grado di raffreddare qualsiasi velleità. Conosciamo qualche dg “muscolare” capace di imporsi con decisione e di alzare la voce, ma ne conosciamo altri che preferiscono il buon vivere. Sulle spalle dell’utente? Certo, che cambia? E intanto le situazioni si incancreniscono, si deteriorano. Il buon governo non è scardinare l’esistente perché tutto sbagliato, non è liquidare persone e sciogliere nell’acido intere strutture di governo, come fa qualche commissario/dg: il buon governo significa far funzionare tutto al meglio utilizzando le persone che si dimostrano all’altezza del compito. E’ il vecchio cancro che impedisce alla sanità del Lazio di uscire dal tunnel. Ma non possiamo rassegnarci.
Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio