Dopo una lunga, brillante, carriera ai vertici di alcuni dei più importanti colossi della tecnologia mondiale, si è spento a 69 anni Gianfranco Lanci, a causa di complicazioni insorte dopo un’operazione alle vertebre. Nato a Torino il 26 settembre 1954, è uno dei pochi nomi italiani ad essersi distinto in un settore dominato da società asiatiche e americane. Arrivando a guidare la taiwanese Acer e poi a sedere nella seconda poltrona più importante della cinese Lenovo. Un risultato unico per un manager europeo (e italiano ancor di più), in colossi asiatici in cui la nazionalità della primissima linea dei manager è sempre o quasi espressione del proprio Paese, che sia la Cina, Taiwan o la Corea.
Negli ultimi anni della sua vita Lanci si era dedicato alla sua altra passione, dopo i personal computer: il vino. Investendo nelle vigne piemontesi e creando un gruppo di cantine con le acquisizioni di Dosio, Coppo e Villa Giada.
Gianfranco Lanci si è laureato in ingegneria civile al Politecnico di Torino. Inizia la sua carriera a Texas Instruments, azienda con sede a Dallas che si occupa di produzione di semiconduttori dove negli anni ’80 diventa Country Manager per l’Italia. È lui che convince la società a scommettere sui computer, trasformandola nel terzo fornitore di Pc portatili in Europa nel 1994. Poi, nel 1997, è sempre lui a guidare la vendita della divisione dedicata ai Pc ad Acer. Proprio Acer diventa la sua casa e il suo regno: dal 2005 al 2011 guida la multinazionale taiwanese in qualità di Ceo e direttore generale. L’ultima tappa di una carriera lunga quarant’anni è Lenovo, dove entra come responsabile dell’area Emea (Europa e Medio Oriente) e dove arriva ai vertici come Chief Operating Officer. La poltrona numero due del colosso cinese, che proprio in questi anni diventa leader mondiale dei personal computer. Con l’ambizione di ritagliarsi un’importante fetta anche nel mercato degli smartphone, grazie all’acquisizione di Motorola.
Un manager diverso dagli altri, che nonostante le importanti posizioni che ha ricoperto a livello globale è rimasto sempre nella sua terra, tra il Piemonte e la Svizzera. Timido, con un forte accento italiano, non gli piacevano le luci dei riflettori. Ma questo non gli impediva di mostrarsi, più con i fatti che con le parole, come uno dei manager più lungimiranti e determinati del suo settore. Ha sempre fatto parlare i risultati: sotto la sua guida, come Ceo, la taiwanese Acer si era issata (nel 2009 e poi nel 2010) al secondo posto mondiale per vendite.
In una intervista a Corriere aveva detto: «Quando si parla di produrre personal computer ma anche smartphone è come per Paperon de’ Paperoni: ogni centesimo conta. Perché un costo di 1 dollaro in più moltiplicato 60 milioni di unità fa 60 milioni. Il segreto nella tecnologia è sempre l’economia di scala. E poi un’estrema eccellenza nelle operazioni. Infine gli utili vanno reinvestiti nell’innovazione». Innovazione che ha poi applicato, negli ultimi anni, anche in un altro campo, quello del vino.
Ormai in pensione, si è dedicato ai frutti della sua terra natale, la regione piemontese, realizzando un progetto a metà tra tradizione e innovazione. Il gruppo vitivinicolo che ha creato gestisce circa 80 ettari di vigneti di proprietà nei territori del Monferrato e delle Langhe, patrimonio dell’Unesco. La produzione aggregata si aggira intorno alle 700.000 bottiglie l’anno.
Michela Rovelli e Paolo Ottolina, corriere.it