(di Tiziano Rapanà) Da uno scarto industriale può nascere qualcosa di interessante. È tempo della birra fatta con la pasta. Non è una burla o una diavoleria da laboratorio. Esiste realmente ed è figlia dell’ingegno nostrano. Tutto nasce dall’incontro tra Pasta Berruto e Biova Project, una startup che aveva già inventato una birra artigianale derivata dal pane invenduto. Nasce adesso un’altra birra, chiamata Biova Pasta, frutto della sacrosanta esigenza di non sprecare nulla. Ogni volta che si produce un lotto di pasta, la testa e la coda della produzione tendono a rompersi. Questi vengono chiamati, in gergo, sfridi. Un pezzo di pasta rotta è commestibile ma non si può più vendere. Così diventa mangime per animali. Stavolta, invece, diventa birra. Dopo alcuni mesi di test, prove e verifiche si è potuto dimostrare che con 200 chili di sfridi si ottengono 2.500 litri di birra artigianale. Io non l’ho ancora assaggiata, non posso dirvi com’è. Tuttavia mi è parso doveroso segnalarvi la cosa, perché l’intento dei produttori è permeato da assoluta probità. Ogni anno – avverte la FAO – si perde o si spreca 1/3 di tutto il cibo prodotto sul pianeta, per un totale di 900 miliardi di euro. Pertanto si può solo applaudire alla bella iniziativa.