Il legame con la Sicilia – in particolare con Catania – di Ettore Sottsass nacque negli anni Novanta grazie a rapporti di amicizia stretti con coniugi etnei in vacanza a Filicudi, per consolidarsi poi in funzione della fotografia, forse il solo genere di arte esercitato dal disegnatore che rifiutava di essere chiamato “artista”. Che però artista fu davvero anche nel campo a lui proprio della creazione di oggetti d’uso come l’indimenticata macchina per scrivere rossa della Olivetti chiamata “Valentine” o la calcolatrice da tavolo “Summa-19”, le coloratissime e tentacolari librerie o i tanti mobili e arredi caratteristici per la presenza di zoccoli e basamenti che gli facevano dire di averli realizzati “grandi e pesanti per sottrarli al kitsch dell’arredamento borghese, sicché non stanno quasi da nessuna parte, ma soltanto da soli come i monumenti delle piazze, né riescono neanche a fare stile, infatti nessuno li compera, salvo collezionisti e sconnessi attori di Hollywood”. La mostra che da oggi al 21 maggio sarà aperta a Catania al Castello Ursino, promossa dalla Fondazione Oelle e dal Comune, dà conto della sua esperienza immersiva nel capoluogo etneo e suggerisce nello stesso tempo interrogativi sulle ragioni che spingono un progettista dell’immediato futuro quotidiano a fissare la realtà presente nella quale si riflette anche il passato storico. Non fu quello di Sottsass certamente un hobby, bensì un impegno professionale, se è vero quanto nella conferenza stampa di presentazione tenuta oggi la vedova Barbara Radice ha rivelato: “Fu lo stesso Ettore a operare la selezione delle istantanee conservandole in apposite buste divise per tema e distinguendo quelle a lui più gradite con bollini rossi sui negativi”. Nei cassetti di casa Sottsass si sono conservate circa 250 foto, ma solo 111 quasi tutte inedite sono state portate in esposizione a Catania, seguendo un criterio che la Radice ha indicato (dopo aver voluto precisare che il cognome del marito si pronuncia “Sozàs”, termine ladino che vuol dire “sotto il sasso”, derivando da un maso dell’Alta Val Badìa) nell’opportunità di offrire uno sguardo quanto più ampio del suo interesse, non limitato – come sarebbe più spontaneo supporre – ai beni architettonici, allo stile barocco e alle vie settecentesche, ma allargato anche ai gesti e agli atti quotidiani, come le tavole imbandite, i giardini, il mercato del pesce, gli alberi, la gente comune: rispondendo quindi a un’istanza sorgiva di scoperta di una società così diversa da quella austriaca nella quale ebbe i natali e quella lombarda dove si è formato.
La mostra, intitolata “Catania mia!” e curata da Barbara Radice e Iskra Grisogono dello Studio Sottsass, propone foto in bianco e nero e a colori che documentano un gusto sotteso non al pittoresco né all’originale quanto alla rappresentazione del vero, in linea con uno spirito di ricerca che portava il designer leader del gruppo “Memphis”, anti-razionalista e postmodernista, a concepire le consuetudini sociali e i costumi di vita domestica come strutture da adattare a nuove forme che fossero intese in senso non funzionalistico (la camera da letto arredata per dormirci, la cucina disposta per mangiarci) quanto invenzionale, multanime e versatile. Il designer, morto a novant’anni (nello stesso anno del boom dell’Iphone, quasi a rifiutarsi di superare un confine temporale ed epocale oltre il quale si sarebbe sentito estraneo in presenza di abitudini per lui avveniristiche), nutrì la sua attrazione quasi fatale per la foto dandole corpo principalmente a Catania, sebbene avesse girato e fotografato il mondo, nonché amato della Sicilia l’isola più remota delle Eolie, Filicudi, tanto da comprarvi casa. La Fondazione Oelle ha voluto documentare questa “particolarità”, poco nota alle biografie di Sottsass, offrendo alla riflessione del pubblico innanzitutto catanese un repertorio nel quale può farsi un gioco cercare di scovare negli scatti l’elemento che riveli quale fu l’impulso che spinse Sottsass a fotografare Catania, scegliendo non solo la sua storia palpabile ma anche la sua vita pulsante. Ornella Laneri, presidente della Fondazione Oelle, ha detto in conferenza stampa che la mostra propone “una chiara visione di Catania, di noi e del ritmo siciliano, che vuole lasciare il segno”. Di conseguenza per Laneri “Sottsass non fu un fotografo per caso, come volle lasciare scritto, ma del tutto consapevole e determinato”.
In realtà le foto in mostra sembrano come ispirate a uno studio intenzionale, quasi la ricerca per un progetto di architettura o per vedute di un pittore realista. Carmelo Nicosia, direttore della Fondazione Oelle e fotografo catanese, ha voluto dare una chiave di interpretazione: “A noi che conosciamo questi luoghi e i pericoli di retorica che questi luoghi hanno quando vengono comunicati, Ettore Sottsass ha restituito una malìa, un sentimento liberatorio che cogliamo nel suo sguardo posato su dei particolari che appartengono al ritmo etneo, offrendo una grammatica laterale, quasi una via di fuga”. Di fatto le foto in mostra rivelano in Sottsass una curiosità di forestiero ed esploratore che non stimolerebbe un catanese: una gru che sembra un mostro animato su due gambe al porto, un pavimento arabescato, la lesena di un palazzo nobiliare, l’Etna vista sul fondo di un cumulo di detriti, dolci appena sfornati, Porta Garibaldi fotografata nella sua sola parte di fasce bianconere.Non c’è solo Catania in questo speciale album di ricordi. C’è anche la Sicilia (come per esempio la Fornace Penna che si trova a Sampieri nel Ragusano: ripresa insolitamente da lunga distanza nelle sue ciminiere), segno delle puntate di Sottsass nell’interno dell’isola, come mosso dallo spirito del reporter ai fini di una guida storico-turistica. E difatti Christoph Radl, direttore artistico della mostra, per la prima volta a Catania, ha detto di avere conosciuto la città “guidato da queste sue memorie”. Memorie che in molti casi mancavano di indicazioni circa i luoghi ripresi, lacuna cui ha provveduto la Fondazione Oelle ricostruendo l’itinerario cittadino di Sottsass. Dal canto suo Marco Sammicheli, curatore per il settore design della Triennale di Milano, ha raccontato che a Catania ha festeggiato adesso un compleanno, quello dell’inaugurazione lo scorso anno alla Triennale della Sala Sottsass: “Il giorno dell’apertura ho letto una pagina di ‘Lettere a Milena’ dove Kakfa le scrive, dopo averla perduta, ‘Il sogno è l’ultima notizia che ho di te’. Arrivando qui al Castello Ursino e vedendo la mostra, ho pensato come ciò che era soltanto di Sottsass ora è diventato anche nostro: un gesto di grande generosità. La mostra (resa possibile anche grazie al contributo di Crédit Agricole Italia, Società Aeroporto Catania, Fondo Sottsass del Centre George Pompidou di Parigi e Bibliothèque Kandinsky) è arricchita dalla proiezione dei documentary “Ettore Sottsass, design interviews (realizzato in esclusiva dal Museo Alessi per la regia di Anna Pitscheider) e “Il treno di Sottsass” (realizzato da3D Produzioni per la regia di Valeria Parisi). Completa l’esposizione un catalogo in due edizioni, italiano e inglese, inserito nella collana “Appunti di viaggio” della Fondazione Oelle, con testi di Ornella Laneri, Carmelo Nicosia, Barbara Radice, Daniela Corsaro e Christoph Radl.