Rientrano nella definizione di «parcheggi» gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli. E dunque per i posteggi disciplinati dalla cosiddetta legge Tognoli, nel rapporto necessario fra le superfici destinate a posti auto pertinenziali e cubature riservate ad abitazioni, uffici e negozi, il calcolo deve avvenire al lordo e non al netto, per esempio, dei corridoi carrabili per accedere ad aree di sosta, box e garage. Si tratta, infatti, di spazi funzionali a consentire la fruizione, una volta che è assicurato un numero minimo di parcheggi. È quanto emerge dalla sentenza 31799, pubblicata il 27 ottobre dalla seconda sezione civile della Cassazione, che interviene in una vicenda in cui non si applica la liberalizzazione introdotta dall’articolo 12 della legge 246/05, che dispone che, a certe condizioni, gli spazi per parcheggi non sono gravati da vincoli pertinenziali né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente.
Il caso. Diventa definitivo il rigetto della domanda proposta dal singolo condomino, che pure aveva trovato ingresso in primo grado: non è trasferito in suo favore il diritto di proprietà o d’uso di un posto auto scoperto nel cortile dell’edificio e di un garage nel seminterrato. Né sarà risarcito per il mancato utilizzo. L’acquirente dell’appartamento aveva citato in giudizio il venditore sostenendo che i due posti auto dovessero per legge essere trasferiti in suo favore, benché non menzionati nell’atto pubblico di compravendita dell’immobile, in quanto legati all’appartamento dal vincolo pertinenziale della legge ponte, la 756/67 (la normativa che modificava la legge urbanistica 1150/42, in attesa di una riforma organica mai arrivata). Tuttavia nel frattempo il venditore aveva donato il garage alla figlia, non proprietaria di alcun appartamento nel condominio. L’uomo, che aveva ereditato il cespite dalla moglie, ha replicato che l’immobile era stato comprato direttamente dal costruttore e che l’impresa edile aveva dichiarato in modo esplicito nell’atto di vendita come i due posti auto non fossero gravati dai limiti della legge ponte, né dal vincolo pertinenziale di cui all’articolo 26 della legge 47/1985. Di più: quando il garage era stato donato, non esisteva alcun vincolo d’incommerciabilità sul bene né alcuna trascrizione pregiudizievole. Il Tribunale ha dichiarato nullo sia l’atto di compravendita, nella parte in cui non contempla i due posti auto, sia la donazione del padre alla figlia e ha trasferito, a opera della legge, il diritto di uso delle pertinenze in favore dell’acquirente, dietro pagamento del prezzo. Ma la Corte d’appello ha accolto il gravame delle controparti. Decisiva la consulenza tecnica d’ufficio rinnovata nel secondo grado di giudizio: alla fattispecie si applica la legge 122/89, detta Tognoli dall’allora ministro socialista delle Aree urbane (e già sindaco di Milano), che ha previsto che nelle nuove costruzioni, e anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbano essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione. A parere dei giudici, all’interno del fabbricato l’impresa edile ha realizzato posti in esubero rispetto a quelli da assegnare obbligatoriamente agli appartamenti del palazzo. E ciò perché la superficie in eccedenza risulta pari a quasi 388 metri quadrati, dunque molto di più dei 40 del posto auto e del garage “incriminati”, sulla base di calcoli effettuati su dati omogenei, stimando anche le aree di accesso e di manovra oltre che gli spazi di sosta per i veicoli. In particolare, lo spazio utilizzabile destinato a posteggi supera gli 810 metri quadrati, distribuito fra posti auto all’aperto e nel piano seminterrato, per un totale di quarantacinque. La superficie destinata al transito, alla manovra e alla sosta dei veicoli ammonta a oltre 1.460 metri quadrati e risulta maggiore di quella richiesta dalla legge, pari a 1.072 metri quadri. Insomma: il costruttore, originario proprietario di tutti gli appartamenti, si è legittimamente riservato la proprietà dei posti auto “incriminati”, trasferiti poi di volta in volta.
Vincolo di destinazione. Risulta corretta l’impostazione della sentenza d’appello che si rifà alla circolare 3210/67 del ministero dei lavori pubblici: l’atto di prassi dell’amministrazione contiene le istruzioni sulla legge ponte. E in effetti i corridoi carrabili per accedere alle aree di sosta sono di solito considerati nelle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali. Non devono invece essere considerati scantinati, servizi e volumi tecnici nella cubatura in rapporto alla quale va determinata la superficie da destinare a parcheggi pertinenziali, dato il vincolo di destinazione. La legge 122/89 consentiva di realizzare parcheggi nel sottosuolo e a pian terreno in deroga a strumenti urbanistici e regolamenti edilizi e con agevolazioni. Nessun dubbio che gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli debbano essere considerati nel loro complesso per verificare l’osservanza degli standard urbanistici, a condizione che sia garantito un numero minimo di parcheggi. La conferma arriva dal mutamento intervenuto nel rapporto di proporzione tra i metri cubi della costruzione e i metri quadrati delle superfici da destinare a parcheggi, passato da un metro quadro per ogni venti metri cubi di costruzione, in base all’articolo 18 della legge ponte, a un metro quadrato per ogni dieci metri di fabbrica, anche in considerazione delle aree accessorie indispensabili, secondo l’articolo 18 della legge Tognoli. E nei lavori preparatori del provvedimento si precisa che la proporzione è stata stabilita considerando “la valutazione operata dal ministero dei lavori pubblici” come misura ritenuta adeguata a porre un ulteriore rimedio alla situazione creatasi nelle città italiane.
Portata innovativa. La decisione della Corte d’appello, insomma, rispetta i principi applicabili in quel momento. Quali? Il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio deve essere inquadrato nelle limitazioni legali della proprietà per pubblico interesse: gli spazi di sosta dei veicoli sono destinati in modo permanente all’uso esclusivo delle persone che risiedono nell’edificio. Poniamo che in una compravendita l’area di sosta sia trasferita separatamente dall’immobile cui accede: in tal caso il parcheggio risulta sottratto al vincolo pubblicistico di destinazione, che invece è inderogabile per legge, e il negozio deve ritenersi nullo nella parte in cui non è attribuito all’acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio. Il contratto parzialmente nullo deve essere integrato per legge in base all’articolo 1419 c.c. dalla norma imperativa violata: all’acquirente dell’immobile deve essere riconosciuto il diritto reale d’uso del parcheggio, salvo il diritto del venditore al riequilibrio del contratto, con l’integrazione del corrispettivo ricevuto. Nel nostro caso, dunque, non trova applicazione l’intervento normativo di liberalizzazione promosso dall’articolo 12 della legge 246/05, che aggiunge un secondo comma all’articolo 41 sexies della legge 1150/1942, disponendo che i parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili in modo autonomo. L’intervento del legislatore, infatti, non ha carattere interpretativo ma deve essere qualificato come innovativo e in quanto tale non ha natura imperativa né effetto retroattivo: insomma, la semplificazione non è applicabile ai parcheggi costruiti in epoca precedente all’entrata in vigore della deregulation. Ma attenzione: nel nostro caso le regole del regime vincolistico non risultano violate soltanto perché la consulenza tecnica d’ufficio rinnovata nel giudizio d’appello è svolta tenendo conto dello stato effettivo dei luoghi, invece che limitarsi a rilevare le cubature e le superfici sulla scorta delle tavole di progetto redatte all’epoca della costruzione del fabbricato. E la pronuncia del giudice d’appello non risulta inficiata per il fatto che si è attenuta all’accertamento del tecnico d’ufficio, tenendo conto delle superfici destinate ad aree di parcheggio al lordo e non al netto delle zone di transito e manovra.
Dario Ferrara, ItaliaOggi Sette