(di Rodolfo Belcastro, Chief Communications Officer di Sace, per International Corporate Communication Hub) La rivoluzione digitale che ci vede tutti coinvolti, pervasi, richiede innanzitutto un fondamentale passaggio culturale. Con l’invenzione della stampa abbiamo iniziato a trascrivere i pensieri e a distribuirli attraverso i libri e poi gli altri mezzi di comunicazione. Oggi, grazie alla grande abbondanza e accumulo di dati siamo giunti alla possibilità di analizzare automaticamente e in maniera predittiva queste informazioni, fino addirittura a manipolarle.
E’ da dire subito che machine learning e robotica in realtà sono soluzioni prive di vera e propria intelligenza, o perlomeno come la conosciamo noi. L’intelligenza è da intendersi biologica perché risiede nell’uomo che le ha programmate, che ha deciso la risposta della “macchina”, e concetti come etica, verità o significato risiedono quindi nel processo e non nella soluzione, nella risposta del sistema.
Per capirci, un’automobile che viaggerà in modalità completamente autonoma non è davvero intelligente, perché non sceglie cosa fare in caso di pericolo o di incidenti a gravità diverse tra cui scegliere. La scelta l’ha fatta e la continuerà a fare l’uomo che l’ha programmata. La domanda oggi senza risposta è: cosa (non voglio dire chi) guida l’uomo – che quindi rimane centrale – in questo processo?
Stiamo vivendo nell’era digitale già da qualche anno, un vero e proprio nuovo habitat, un ambiente, un nuovo ecosistema che non può risiedere nelle responsabilità, nella missione delle aziende a cui abbiamo fino ad oggi lasciato campo libero, un’eccessiva libertà. Basta davvero poco per fare dei danni irreparabili, distruggere un’industria, toccare irrimediabilmente valori fondanti delle nostre democrazie.
Come governare quindi questi processi? Come comunicare l’Intelligenza Artificiale e comunicare con l’Intelligenza Artificiale? Da un lato ancora una volta è evidente il ruolo chiave che la comunicazione e i comunicatori possono concretamente svolgere nel raccontare questa trasformazione, questi processi, per farli accogliere dalle organizzazioni, dai consumatori e da tutti noi. La difficoltà come sempre è che abitiamo e siamo al tempo stesso responsabili di questo nuovo contesto. Dall’altro l’IA deve sempre e solo essere considerata anche dai comunicatori come uno strumento e non come il fine ultimo anche della nostra professione. Una professione, il comunicatore d’impresa, che sarà minacciata (e quindi vittima) o invece supportata da algoritmi che suggeriranno cosa, come e quando scrivere?
Per rispondere dobbiamo necessariamente tornare a parlare ancora una volta della necessità di disegnare una governance, che innanzitutto significa – in estrema sintesi – sapere dove si vuole andare, in quale direzione, e quali le competenze necessarie. La strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale, nel quadro di una strategia europea, rappresenta un passo in avanti per cercare di recuperare ciò che al nostro Paese è mancato in termini di competitività, insieme a un quadro normativo adeguato, magari mosso da una sperimentazione “dal basso” ancorata alle reali esigenze dei cittadini del terzo millennio. Chissà, magari per una Export Credit Agency come SACE potrebbe voler dire riuscire a prevedere ancora meglio eventuali rischi per le nostre imprese nelle geografie del mondo o fornire analisi previsionali ancora più dettagliate per indirizzare le aziende italiane verso mercati o business a maggior potenziale di sviluppo.
La strada è sicuramente quindi del governo attraverso il contesto, piuttosto che l’autorità, tracciando una sorta di mappa stellare che faccia da punto di riferimento a chi va per mare, fisico o digitale, perché non c’è più un confine netto nell’epoca dell’on-life. Saremo sostituiti da un algoritmo che scriverà i comunicati stampa al posto nostro? Non penso.
“La vera domanda è, quando redigeremo una carta dei diritti di intelligenza artificiale? In cosa consisterà? E chi lo deciderà?”
“Non c’è ragione e nessun modo in cui una mente umana possa tenere il passo con una macchina di intelligenza artificiale entro il 2035.”
Gray Scott Futurist, Emerging Technology Expert, Speaker
Dobbiamo affrontare, individualmente e collettivamente, le questioni morali ed etiche sollevate dalla ricerca d’avanguardia nell’intelligenza artificiale.