Con il caro gasolio che tiene fermi i pescherecci pugliesi o ne riduce l’attività, secondo Coldiretti, sul mercato sarebbe aumentata notevolmente la presenza di pesce d’importazione, anche spacciato per prodotto nazionale. Secondo stime di Coldiretti Impresa pesca, nei mercati ittici otto pesci su dieci sarebbero importati dall’estero. È stato, quindi, approntato un decalogo a tutela dei consumatori, secondo il quale, il pangasio del Mekong verrebbe spacciato per cernia, l’halibut per sogliola, lo squalo smeriglio per pesce spada, il filetto di brosme per baccalà, il pesce ghiaccio per bianchetto, il pago per dentice rosa. “Circa otto pesci su dieci che arrivano sulle tavole sono stranieri – spiega il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – spesso senza che i consumatori lo sappiano, soprattutto a causa della mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine sui piatti consumati al ristorante che consente di spacciare per nostrani prodotti provenienti dall’estero che hanno meno garanzie rispetto a quello made in Italy”.
Intanto, come denuncia la stessa Coldiretti, “la flotta peschereccia pugliese ha perso oltre un terzo delle imprese e 18.000 posti di lavoro, con un contestuale aumento delle importazioni dal 27% al 33%. Il valore economico della pesca in Puglia è pari all’1% del Pil regionale e arriva fino al 3,5% se si considera l’intero indotto. Il settore conta 1.500 imbarcazioni, 5.000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi e merluzzi.