Cautela nell’attività di accertamento dell’Imu dovuta per gli anni 2017-2021. E’ quanto il Mef, attraverso il sottosegretario Federico Freni, chiede ai comuni in attesa che la Consulta decida sulla legittimità costituzionale della regola generale (contenuta nell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato dalla legge n. 147 del 2013) secondo cui l’esenzione Imu per l’abitazione principale va esclusa qualora uno dei componenti del nucleo familiare abbia la residenza anagrafica in un immobile ubicato in un altro Comune.
Con ordinanza n.94 del 23 marzo (depositata in cancelleria il 12 aprile) la Corte ha sollevato davanti a se stessa la questione di costituzionalità, dubitando della legittimità della norma nella parte in cui, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore ma anche del suo nucleo familiare. Con la conseguenza che l’esenzione Imu verrebbe negata a ciascun componente della famiglia che abbia residenza anagrafica ed effettiva dimora abituale in un immobile diverso.
La Corte, con ordinanza redatta dal giudice Luca Antonini (si veda ItaliaOggi del 25 marzo e del 13 aprile) ha sollevato dinanzi a sé la questione se sia legittimo, per far scattare l’esenzione dall’imposta, far riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell’immobile ma anche del suo nucleo familiare.
Rispondendo in commissione finanze della Camera all’interrogazione dei deputati di Forza Italia (Carlo Giacometto e altri), Freni ha raccomandato prudenza agli enti che stanno inviando avvisi di accertamento Imu per gli anni 2017-2021. Il problema riguarda infatti solo il passato visto che dal 2022 per tagliare la testa al toro il legislatore (con l’art. 5-decies del dl n. 146 del 2021 che ha modificato il comma 741 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2020), ha stabilito che «nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare». Una modifica tesa a superare l’orientamento della Corte di Cassazione (che, alla luce della normativa previgente, negava il beneficio dell’esenzione ad ambedue i coniugi) e tuttavia, ha chiarito Freni, «non retroattiva, ma al contrario innovativa». Con la conseguenza che essa può trovare applicazione solo per il futuro. Fino al 2021 trova applicazione la disciplina previgente, secondo cui alla luce dell’orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione, «nel caso in cui non è unico il riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale del nucleo familiare, l’esenzione non spetta in nessun caso». Proprio sulla base di questo indirizzo interpretativo i comuni hanno iniziato a notificare avvisi di accertamento fino all’anno d’imposta 2021. Tuttavia, come detto, l’autorimessione della questione di costituzionalità da parte della Consulta scompagina le carte in tavola perché, come ha riconosciuto il sottosegretario, «una declaratoria di illegittimità da parte della Corte Costituzionale renderebbe illegittima l’azione di recupero dell’imposta posta in essere dai comuni». Di qui la richiesta di cautela in attesa che i giudici delle leggi si pronuncino.
Francesco Cerisano, ItaliaOggi